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IL BUON CUORE 175


occhi, si ha una spiegazione ben chiara e soddisfacente dell’intralciata introduzione delle Ostie consacrate in questo loculo sigillato che sta sotto o entro la tavola dell’altare. Il Santo Sacramento non vi è stato collocato come sostituto di altre reliquie, tanto meno va inteso come oggetto di devozione ai futuri devoti come se fosse conservato in un tabernacolo. Noi assistiamo semplicemente ad una cerimonia di simbolica sepoltura, a cui si sia proceduto, come usava per l’interramento di qualche martire romano del terzo o quarto secolo, in un arcosolio delle catacombe.

Per cominciare: come i Pontificali pienamente lo mostrano, l’unzione fatta col crisma alla «confessione» o sepolcro, è qualche cosa di affatto distinto della unzione praticata sulla tavola della mensa. Davvero il Pontificale Llanaletense come si è veduto, parla di «porre» il crisma ai quattro angoli del loculo. Chiaramente ci si richiamano alla memoria gli unguenti coi quali i sacri resti del Salvator nostro vennero imbalsamati nel sepolcro. Di più, in ogni caso sappiamò che l’uso del crisma nella sepoltura di un morto distinto era generale nella Chiesa primitiva. Lo troviamo a Roma ed anche in Spagna, dove anche era costume alla tumulazione di un Vescovo che il Celebrante, offerto incenso al morto, gli metteva in bocca il sacro crisma, mentre nella Chiesa greca è praticato anche al dì d’oggi.

In secondo luogo, l’antico uso dell’incenso a tutti i funerali, sia pagani e cristiani, sembra essere chiaramente fissato. Non v’ha dubbio che originariamente fosse adottato come una specie di disinfettante. In ogni caso Tertulliano, che scriveva in un periodo anteriore alla introduzione dell’incenso nel rituale cristiano, reca testimonianze chiare dell’impiego di esso incenso nella sepoltura dei morti. «Egli è vero» dice lui, «noi non compriamo incenso. Se gli Arabi se ne dolgono, i Sabei attestarono che nella sepoltura dei Cristiani si profonde più di loro mercanzie anche le più costose che non si brucino incensi agli Dei». Se questa affermazione si ha da intenderla vera alla lettera, l’atmosfera inevitabilmente chiusa delle catacombe può per avventura fornire una plausibile se non sufficiente spiegazione del perchè la richiesta d’incenso tra i fedeli pei loro funerali dovesse rivaleggiare con quella dei pagani loro vicini. Nelle circonstanziate descrizioni dei seppellimenti dei primi Cristiani che ci sono conservate, quasi invariabilmente vi è menzione dell’incenso, mentre l’accentuazione di questo punto nei rituali nostri d’oggidì non occorre tampoco additarla.

Ma ciò che ne interessa più in particolare qui, è la presenza del S. Sacramento. Ora, egli è strano, e alle nostre idee moderne alquanto urtante, il fatto che, nei primi secoli cristiani, prevaleva una pratica di interrare la S. Eucaristia insieme ai corpi di coloro che veniano composti nel sepolcro. Nessun dubbio che questo costume, col volgere del tempo, fu denunciato in diversi Sinodi, e sembra da un pezzo del tutto eliminato dalla Chiesa; ma la ripetuta proibizione deve mostrare che ebbe una certa voga e probabilmente l’appoggio di persone costituite in dignità era stato dato al medesimo, almeno in certi casi isolati. Molto probabilmente
l’abuso dovette aver avuto origine ed essersi sviluppato così: I Cristiani di Grecia e Roma in tutti i costumi sociali, e notevolmente nella sepoltura dei loro morti, conservarono gli usi nazionali dei loro concittadini in quello che non contrastasse alla legge del Vangelo. E anche dove un tal conflitto poteva esserci, gli aderenti alla nuova fede preferivano cristianizzare gli antichi riti pagani, adottando qualche modificazione, che sopprimerli affatto. Cosi i banchetti funebri del terzo, settimo, tredicesimo e anniversario giorno non furono totalmente dimenticati, ma le «agapi» o i festini di carità, e specialmente la celebrazione del S. Sacrificio presero il posto di quelli, come ne ponno far fede tuttodì le Messe da Requiem del Messale romano. Così pure l’aspersione e l’unzione pagana praticata con olio vennero entrambe conservate, ma l’acqua e l’olio ora la Chiesa li santifica. Finalmente la stiacciata al miele per Cerbero, o l’obolo per Caronte, sembra abbiano trovato un contraposto nel S. Viatico che indubbiamente veniva differito sovente fino all’estremo, e che talvolta per un abuso veniva messo sulla lingua anche dopo che la vita era estinta. L’evidenza di quest’ultimo particolare la si può riscontrare con pienezza notevole nella Vita di S. Melania recentemente pubblicata dal Card. Rampolla. Nell’antico testo latino di quella Vita noi troviamo l’esplicito accenno: «Ora è costume tra i Romani che quando l’anima esce dal corpo, essi abbiano in bocca la Comunione del Signore». In armonia con questa pratica, S. Melania, come apprendiamo da autentico documento, aspettò fino all’ultimo momento a dare il segno di farle la Comunione, e spirò quasi nell’atto di ricevere il Corpo di nostro Signore. Lo stesso è ricordato in proposito del grande Ambrogio nella Vita che di lui ha scritto il discepolo Paolino stato testimonio oculare della scena:

Il Vescovo Onorato sentì all’ultimo momento una voce chiamarlo, che diceva: «Sorgi, affrettati, che egli (Ambrogio) sta per dipartirsi». Così discese, e porse al Santo il Corpo del Signore. E il morente come l’ebbe ricevuto e inghiottito, spirò, portando seco un bon Viatico.

(Continua).

Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi


OBLAZIONI.

Somma retro L. 108067 20

Signora Elvira Maroni |||
   » 100 ―
Signorino Marco Mangiagalli festeggiando la sua Cresima |||
   » 10 ―

SOCI AZIONISTI.

Quarta rata.

Donna Carlotta Negri Origoni |||
   » 5 ―
Signora Itala Anna Castellini |||
   » 5 ―
» Nelly Pariani Angelini |||
   » 5 ―


Totale L. 108192 20



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