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182 IL BUON CUORE


Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi


SOCI AZIONISTI.

Somma retro L. 108192 20

Contessa Luisa Casati |||
   » 5 ―
Conte Alessandro Casati |||
   » 5 ―
Signora Adele Rondoni |||
   » 5 ―
Contessa Carla Visconti |||
   » 10 ―
Duchessa Ida Visconti |||
   » 5 ―
» Marianna Visconti |||
   » 5 ―
Donna Flulvia Venturi Resta |||
   » 5 ―
Sig. Astori Macabrini |||
   » 5 ―
» Onar Dolfus e consorte |||
   » 100 ―
Signora Carolina Vanotti |||
   » 5 ―
» Giuditta Signori |||
   » 5 ―
Donna Giuseppina Buttafava |||
   » 5 ―
Signora Emilia Longhi |||
   » 5 ―
» Gina Stucchi |||
   » 5 ―
» Teresa Pigni |||
   » 5 ―
Signorina Maria Pigni |||
   » 2 ―


Totale L. 108369 20

Religione


Vangelo della domenica terza dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: Siate misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati. Perdonate, e sarà a voi perdonato; date, e sarà dato a voi; si verserà nel vostro seno una buona misura calcata e ricolmata e sovrabbondante; poichè si farà uso con voi della stessa misura, di cui vi sarete serviti cogli altri. Diceva poi loro anche questa similitudine: E’ egli possibile che un cieco guidi un cieco? non cadono essi entrambi nella fossa? Non v’ha scolaro da più del maestro. Perchè poi osservi tu una pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, e non badi alla trave che hai nel tuo occhio? Ovvero come puoi tu dire al tuo fratello: Lascia, fratello, che io ti cavi dall’occhio la pagliuzza che vi hai, mentre tu non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita, cavati prima dall’occhio tuo la trave e allora vedrai di cavare la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

S. LUCA, Cap. 6.


Pensieri.

Meditiamo i primi versetti del tratto evangelico che oggi è proposto alla nostra considerazione. Anzi leggiamo anche quelli che precedono e lasciamo che la impressione di un ideale di virtù sublime arrivi quasi a sgomentarci, a farci sentire, almeno, tutta la nostra deficienza morale.... e poi umiliamoci e nell’umiliazione quasi con essa consacrandoli, rinnoviamo i nostri propositi di vita praticamente cristiana.

L’umiliazione che nasce in noi davanti ai grandi ideali, davanti ai santi, che ne sono l’incarnazione, quando la loro magnificenza ci dà così viva (ma così dolce) la visione della nostra miseria, è umiliazione
punto fiacca, ma stimolatrice, ma datrice di vita! Accostiamoci così umili e volonterosi, alla parola divina.

Il precetto è affascinante, ma, nella nostra ammirazione, c’è un senso di ritrosia ad accettarlo sinceramente, compiutamente.... La nostra esperienza personale ci rende diffidenti contro i nostri entusiasmi di bene; troppo noi sappiamo quante volte abbiam giudicato e non abbiam perdonato e non siam stati misericordiosi!

E poi sappiamo un’altra cosa: la contrarietà che queste esigenze, non quando le meditiamo, ma quando le dobbiamo attuare, suscitano in noi; lo sforzo che richiedono, quando ci è dato attuarle, sforzo che, a volte, ci lascia come spossati, affranti.... Disfatte e vittorie così penose che dicono fino a che punto noi siamo ancora terreni e di cui dovremmo almeno profittare per errar meno nei nostri concetti su noi stessi!

Il riuscire ad attuare le esigenze evangeliche viene solo da un apprezzamento cristiano dei valori delle cose; viene solo dalla profondità della nostra fede.

I beni terreni, le ricchezze, gli onori, la vita stessa sono qualche cosa in sè, ma non sono più nulla se paragonati all’infinito, all’eterno.

Ora noi, per la fede, abbiamo l’infinito, viviamo in esso.... Se la nostra fede è verace, noi, per essa, ci sentiam così ricchi, che possiamo dare generosamente le cose che passano, che possiamo non sentir più la puntura delle sconoscenze, delle sgarberie, anche delle ingiurie altrui.... Oh, come viva in noi è la natura e vacillante la fede, invece! Che cos’è la nostra testimonianza del valore dei beni eterni? Che cos’è in paragone di quella dei santi, che passano sereni, generosi, magnanimi in mezzo a ogni sorta di prove? Che cristiani degeneri noi siamo mai, indegni del privilegio della nostra vocazione!

E solo Gesù, solo chi parla a nome suo e, parlando lo dona, può avere esigenze morali che richiedono tanta intima vittoria su di noi stessi. Solo chi può dare doni divini, può richiedere il sacrifizio che la virtù esige; si può chiedere dí lasciare la terra, quando si dona il cielo; si può chiedere questa morte interiore, quando in cambio, si comunica vita superiore e ineffabile, quando di questa morte e di questa vita si dà, nella propria vita, l’esempio.

Se siamo cristiani davvero, consci della vocazione nostra, apriamo l’anima alla parola di Gesù e a quella dei santi e lasciamo che il richiamo di Cristo e dei suoi, che per la verità ed il bene han dato la vita, sia col martirio del corpo, sia con quello dell’anima, ci scuota, ci stimoli, ci affascini... Con il pensiero in alto non badiamo alla polvere della via, e quando sangue esce dalle nostre ferite e lagrima il cuor nostro, umiliamoci di non saper con l’eterno vincer ciò che vien meno, ciò che passa e cade, e rivolgiamo a Gesù un’altra parola che si legge nel Vangelo: Maestro io credo, ma dammi più fede, rendila attuosa in me e salutarmente efficace!