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Anno IX. Sabato, 13 Agosto 1910. Num. 33.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Beneficenza. —Monsignor Bonomelli fra gli emigrati in Isvizzera.
Religione. —Vangelo della domenica tredicesima dopo Pentecoste — L. Meregalli. Pensieri del Card. Newman sull’Assunzione.
Educazione ed Istruzione. —Attilio Fontana. Gli ultimi giorni di Carlo Alberto, 14 maggio-28 luglio 1849 — Monumento in Monza al Padre Luigi Maria Villoresi — Necrologio.
Società Amici del bene. —Elargizioni della settimana.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Beneficenza


Monsignor BONOMELLI

FRA GLI EMIGRATI IN ISVIZZERA



Basilea, 6 agosto.


Mons. Bonomelli, accompagnato da mons. Lombardi, ha intrapreso un lungo viaggio per visitare i diversi centri dove si svolge l’azione dell’ ″Opera di Assistenza per gli Operai italiani emigrati″, da lui fondata. Si è recato, tra l’altro, a Goppenstein nel Vallese, una colonia italiana che sorge all’imboccatura meridionale del tunnel del Loetschberg, e che ha un carattere tutto speciale. Si compone di circa cinquemila italiani, tra donne, fanciulli ed operai, che vivono raggruppati in capanne di legno. Non vi sono servizi pubblici, organizzazioni amministrative di nessun genere e quindi nessuna autorità, ma solo l’Impresa francese pei lavori e l’Opera d’assistenza.


Lavoratori eroici.


« — La salita da Briga a Goppenstein — mi ha detto S. E. — è qualche cosa da mettere i brividi e, data la mia età, mi è riuscita assai penosa. Gli operai, avvisati in precedenza del mio arrivo, mi sono venuti incontro in massa, con musica e bandiere, guidati dall’ingegnere capo dell’Impresa francese e dal vice-console italiano di Briga. Tutti avevano all’occhiello il nastrino tricolore e mi accolsero al suono della marcia reale. Le feste
a cui sono stato fatto segno mi hanno veramente commosso. Come dirle l’impressione che ho provato in questa visita? Pensi che questa caratteristica colonia sorge tra montagne tagliate a picco, ed i poveri operai con le loro famiglie sono esposti a continui pericoli, d’inverno per le valanghe, e d’estate pei macigni che si staccano e precipitano dall’alto. Lei ricorderà il disastro dell’anno scorso in cui vi furono numerose vittime. Notte e giorno si danno il cambio dei guardiani, muniti di trombe, per poter dare il segnale d’allarme in caso di pericolo. Ho avuto l’impressione di un campo di battaglia in cui vi siano delle sentinelle sempre pronte a segnalare l’avvicinarsi del nemico.

«Eppure se lei vedesse come questi operai, abituati alla fatica, afirontano la morte, ne resterebbe meravigliato. Si avviano al lavoro a squadre di cinquecento alla volta cantando allegramente senza sapere se ne usciranno vivi. Lavorano otto ore ad una temperatura insopportabile — 36 gradi di calore ora che si è giunti al quinto chilometro — e ne escono per essere sostituiti con un’altra squadra di 500. Si calcola per ogni trecento metri di perforazione una vittima, senza contare gli infortuni minori e le malattie: numerose queste poichè da una temperatura così alta passano repentinamente ad una temperatura bassissima. Il medico mi diceva che non trascorre settimana senza che egli debba accorrere per constatare una morte o per curare un ferito. La ferale notizia si sparge subito nella colonia e tutti accorrono all’imboccatura del tunnel per vedere chi è lo sventurato: ed allora sono scene commoventissime, parole di commiserazione che erompono dalle bocche di tutti. Se non ci fossero gli italiani nessuno avrebbe traforate quelle montagne, si può dirlo forte!»

Mi accorgo che S. E. ha delle lagrime che gli rigano il volto, e resto per qualche istante muto a contemplare la veneranda figura.


Armonia ed ordine.


― Non si potrebbe, Eccellenza — domando — con un po’ di propaganda impedire che questi poveri disgraziati vadano al massacro?

― Già; ma, veda, è la miseria che li spinge ad andare lassù. Ormai i lavori sono finiti. Fra un anno il