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IL BUON CUORE 309


trova la sua piena giustificazione nella dottrina cattolica della grazia. Il Battesimo rigenera l’anima, la fa vivere della grazia, della vita stessa di Cristo, inserendola come membro vivo sul mistico corpo di Cristo. La Cresima aumenta nell’anima questa vita iniziale, sebbene in sè perfetta, con la sua nuova grazia e coi doni dello Spirito Santo. Questa primizia misteriosa di vita divina nell’uomo rimane finchè la mala volontà non la indebolisce o la separa dal corpo mistico di Cristo, ma quando la malizia umana appare agli orizzonti dell’anima coi primi bagliori dell’intelligenza, con le prime ribellioni della volontà, allora è necessaria una nuova grazia che alimenti l’anima e la sostenga alla lotta. L’Eucaristia è il cibo dell’anima, il pane dei forti, non precisamente nel senso ch’essa è riserbata ai forti, ma nel senso ch’essa è dovuta ai deboli perchè divengano forti: essa, pane di vita, pane divino che non viene assimilato ma assimila colui che lo mangia, trasforma l’uomo in Dio.

Considerato il decreto da questo punto di vista non solo appare spiegabilissimo, ma sorge spontanea la meraviglia dal fatto che la Chiesa abbia tanto tardato a togliere una pratica che sconveniva così apertamente alla natura del sacramento. Devesi in ciò avvertire che essa non ha mai cessato, sebbene non in forma solenne come al presente, di rivendicare la legge antica, tutrice della vita soprannaturale del bambino, e la legge tridentina e le ultime risposte delle Congregazioni romane sono la prova, poi, che la Chiesa è prudente e paziente e aspetta a togliere abusi, quando questi come tali si rendono evidenti e manifesti. Oggigiorno il ritardare la prima comunione a tre, a quattro a cinque anni dopo l’età della ragione sarebbe abuso intollerabile, sarebbe esporre il sacramento a innaturale e illogica detorsione de’ suoi fini, poichè sta il fatto, doloroso ma certo, che oggi per mutate circostanze d’ambiente, fisiologiche, psicologiche e sociali, il fanciullo è più precoce nel male di quello che non fosse nei tempi andati. Forse che la maggior notizia del sacramento, quale la si crede d’ottenere in età più avanzata — ciò del resto è discutibile — assicuri tanta efficacia all’Eucaristia, che compensi la incalcolabile perdita di energie spirituali a cuì si condanna il bambino col lungo digiuno eucaristico? Sarebbe pensare che più valgano le disposizioni soggettive, puramente umane, del fanciullo, che non la virtù operativa del sacramento. Forse che tre o quattro anni di digiuno comunicano all’anima più luce di quella che potrebbe dare il mistero d’un Dio che nutre l’uomo della sua carne e del suo sangue? In faccia al sole che raggia nel pien meriggio, che importa una fiaccola di più o di meno? Certamente, è pur necessaria la fiaccola della ragione, ma, in nome di Dio, non si creda ch’essa sia tutto nel misterioso lavorio dei sacramenti nella piccola anima umana.

Una difficoltà più speciosa che vera di parecchi al recente decreto consisterebbe in ciò. Oggi — si dice — la istruzione preparatoria alla prima comunione assolve tutta la istruzione religiosa del giovanetto; non perchè la sollecitudine della Chiesa e lo zelo dei sacerdoti terminano lì, ma perchè di fatto, sta il
pregiudizio generale che, fatta la comunione, ogni istruzione catechistica ulteriore è soverchia. Genitori e ragazzi subiscono l’impero di un tal pregiudizio, così che nè gli uni sentono, dopo la prima comunione il dovere di fornire i loro figli d’un ulteriore insegnamento religioso, nè gli altri quello di sottomettervisi. Il decreto anticipando l’età della prima comunione non era il pericolo di rendere deserte anzi tempo le nostre scuole della dottrina cristiana e per conseguenza l’altro pericolo di istruzioni religiose incomplete, moncate sul più bello? La difficoltà è più apparente che reale, abbiamo detto, perchè, precisamente questo è uno degli scopi che hanno mosso la S. Sede a dettare questa nuova norma perchè lo stolto pregiudizio si tolga e si cessi di avere la prima comunione come le lettere dimissorie della Chiesa alla vita terrena come una porta che si chiude, ma la si abbia giustamente invece come una porta per cui si entra nella vita spirituale più perfetta. Non bisogna nemmeno esagerare il pericolo, perchè dall’eta in cui col nuovo decreto è fatta legge a prima comunione a quella per cui per consuetudine la si impartisce, il fanciullo in via ordinaria, si trova ancora in quel periodo in cui vive d’autorità ed è protetto dall’ambiente sufficientemente ancora sano della famiglia, quindi è sperabile che non torni difficile, con un po’ di zelo da parte del clero, riaverlo alle scuole del catechismo anche a comunione fatta. A dissipare i resti d’un pregiudizio toccherà precisamente al clero, il quale vorremmo che non dimenticasse mai queste grandi ed elementari verità; che lo zelo ha vinto difficoltà maggiori, che all’obbedienza generosa arride il trionfo, che coopera nei generosi e nobili sforzi Gesù stesso nell’anima innocente e indiata dei piccoli fanciulli. Come e quando praticamente per lo innanzi sarà fatta la preparazione dei neo-comunicandi diranno i vescovi: noi non abbiamo in ciò nè veste, nè potere per indicarlo.

Un’altra difficoltà alcuni la vorrebbero trovare nel fatto che la cerimonia così cara e impressionante della prima comunione cesserà d’or innanzi d’aver tutte quelle attrattive al senso religioso ch’ebbe fin qui. Intendiamoci subito: il cattolicismo non prescrive le emozioni, anco quelle che l’anima risente dai sensi esteriori, ma non vuole che la religione, che trascende tutte queste emozioni o per esse si esprime, da esse debba essere soverchiata o confusa. Il cattolicismo è la fede del mistero, all’azione del divino nell’anima, per la via di riti, semplici, simbolici, ma austeri. Non esclude nè l’arte, nè la poesia; divina essa attinge alle supreme bellezze, e inebria l’anima di dolcezze misteriose che piovono in essa dalle fonti più pure della gioia divina; ora di tutte queste recondite bellezze che la comunione reca all’anima si dovrà privare il bambino per preparargli una festa, ancor bella, ma umana? Nessu canto, nessun giglio, nessuna veste bianca può valere il sospiro di amore che a Cristo dona il cuore puro di un fanciullo.



Ricordatevi di comperare il 19.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che uscì in questa settimana.