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IL BUON CUORE 395


Ma purtroppo qui, dopo i ringraziamenti, devo fargli un appunto grave. Lasciamo stare il vezzo poco commendevole di gran parte degli scrittori cattolici, che, trattandosi di un decreto dell’Inquisizione, quando parlano del caso di Galileo dicono l’Inquisizione o anche tout bonnement «alcuni teologi romani» e quando invece parlano del Rosmini dicono solennemente la Chiesa; lasciamo stare questo, giacchè in ultimo l’A. pare riconoscere che il decreto contro il Rosmini non involga la questione dell’infallibilità pontificia. Quello ch’io voglio notare, come un indice persistente di queste controversie, è il fatto positivo (ed io son solito attaccarmi ai fatti perchè contro di essi non valet argumentum) che l’A. discorre di me, di quel ch’io penso, di quel ch’io scrivo, di quel che sostengo, senza avermi letto o senza ricordare quel che di me ha letto. Egli afferma a mia lode (e tanto peggio per me s’io la guasto!) che da anni mi sforzo di dimostrare che la condanna colpì se mai errori di particolare, non il nocciolo del sistema rosminiano.... Ora nel mio grosso volume che è precisamente l’Esame critico delle quaranta proposizioni io scrivevo per l’appunto il rovescio: «Come ho già detto altra volta, non sono d’accordo affatto con coloro che hanno visto superficialmente (nella condanna delle 40) una raccolta di frasi scucite e incomprensibili, prese a casaccio dai molti volumi del Rosmini e poste lì comunque tanto per colpire e condannare qualche cosa.... In queste quaranta proposizioni è svolto mirabilmente un tema completo di enciclopedia filosofico-teologica. I più importanti problemi della filosofia ed i punti più fondamentali della teologia cristiana vi sono toccati, per modo che se fosse vero che il Rosmini avesse errato in tutte queste dottrine, di lui come filosofo spiritualista cristiano rimarrebbe ben poco: oso dire, non rimarrebbe nulla» (Esame crit., p. XXXVI). E svolgo a lungo nulla questo concetto. Mi pare adunque di essere giustificato quando insisto che chi scrive di qualcuno o di qualche cosa dovrebbe avere la non mai abbastanza lodata abitudine di leggere in anticipazione.

Dopo ciò non è maraviglia se troviamo nell’articolo del Novelli la strabiliante affermazione che lo Stoppani non era.... Rosminiano! «Rosminiano egli? Lo vollero tale gli ammiratori e fino a un certo punto egli lo credette, ma non lo era se non alla superficie dell’anima...» la quale anima in fondo «era straniera» alla metafisica rosminiana, perchè nelle sue lettere all’Amico non sente il bisogno di rivedere il suo «credo» filosofico, e perchè «la metafisica esula dal suo spirito sereno».

Dice il Cornelio nel suo commento che il Novelli è molto giovine. Dev’essere così, perchè noi, che non possiamo più passare per tali, siamo in grado di attestare quanto quell’anima aperta ad ogni luce di vero s’interessasse alle questioni filosofiche e metafisiche. Non ne scrive e discute col Maggioni! Ma è naturalissimo! Se si vedevano spesso ed andavano d’accordo come due anime in una! Io stesso, che, spero, sono abbastanza rosminiano, non ne discuto quasi mai con gli amici, e nelle moltissime lettere che ho scritte in vita sarebbe ben difficile trovarne più di pochissime che trattino ex professo di questioni filosofiche. Se voglio trattarne lo faccio
in altra sede. E certo lo Stoppani era un grande geologo, un appassionato della natura, uno scienziato, un escursionista, ecc., ma la filosofia rosminiana in tutto questo era l’aroma, era il profumo, era l’innalzamento della sua anima anelante al mondo dell’ideale, che non è men bello e meno luminoso di quello materiale che si vede e si tocca. Si farebbe un’idea ben meschina della filosofia il Novelli, se volesse attribuirla solo a quelli che ne fanno professione di tutta la vita, che scrivono trattati, commenti, allumacature. Quanti pretesi filosofi che scrivono e scrivono e scrivono, e l’ala della filosofia non li ha mai sfiorati! Forse tanto numerosi quanto gli scribacchiatori di versi che le Muse hanno in odio. Ricordo che una volta la Civiltà Cattolica rimproverava allo Stoppani appunto di volersi pronunciare sopra una questione filosofica, lui che non professava filosofia. E il Bulgarini argutamente rispose che con una mente come quella dello Stoppani si arrivava più alto nella filosofia in tre giorni di meditazione, che non certe menti anguste in tre anni. Aveva ragione. E quanto penetrasse nelle dottrine del Rosmini l’acuto intelletto dello Stoppani lo dimostrano le sue opere. Basterebbe leggere (ma bisogna leggere!) quelle sul Dogma e le scienze positive, quella sulla Purezza del mare e dell’atmosfera, ch’è la Teodicea rosminiana applicata alla geologia, quella postuma sull’Exemeron, e specialmente le questioni sulla Creazione che sono alla fine del 2º volume, e dove il Novelli potrebbe prendere un bagno salutare nella metafisica dello Stoppani. Basterebbe leggere (ma bisogna leggere!) Le Ragioni del periodico «Il Rosmini» che ho detto, e ripeto essere la miglior cosa pubblicata in quel periodico e un superbo volo d’aquila attraverso la storia della filosofia dall’antichità a noi.

Basterebbe leggere anche il magnifico articolo da lui scritto in rettifica di alcune affermazioni dell’Osservatore romano, dove si sente il pensatore potente e il giudice acuto pure di questioni filosofiche. Basterebbero in fine eziandio queste lettere su cui il Novelli ha appoggiato la sua sbalorditiva affermazione. Nella lettera del 29 agosto 1880 narra all’amico d’aver letto già in parte il primo volume Degli Universali di Mgr. Ferrè, e di aver bene inteso la dottrina delle tre forme dell’essere, che, secondo lui, è il trionfo e la corona della filosofia rosminiana. Per una mente «straniera alla metafisica rosminiana» non c’è male! Nella lettera del 17 aprile 1888, poi, egli spiega e difende la dottrina del divino della natura ch’è la più alta e la più fondamentale delle dottrine filosofiche tutte, che è la gloria sempreviva del Rosmini, e che molti filosofi di cartello non hanno ancora capito oggi, dopo che il genio del Roveretano l’ha posta nella luce più chiara: e, sia detto con sopportazione, non ha capito ancora neppure il Novelli, che attribuisce al Rosmini di fare Dio, Bellezza riflessa nell’universo, oggetto di immediata intuizione dell’anima umana. Sicuro, prima di scrivere su certe cose delicate, bisogna leggere e molto!

Nel 1887 venne pubblicata a Milano (si diceva dalla società dell’Osservatore Cattolico) un’edizione dei Promessi Sposi, preceduta dalla vita dell’Autore per cura