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214 IL BUON CUORE


ma come essa involga tutto l’indirizzo dell’insegnamento; e come quindi per questo lato la scuola sia nelle mani del maestro, a cui incombe una terribile responsabilità che esso deve sentire profonda se vuol essere all’altezza del suo ufficio.

«L’oratore conclude con un pensiero alla patria, celebrante quest’anno il cinquantenario della sua costituzione unitaria: miglior celebrazione non può farsi dell’avvenimento che ravvivando il proposito di dare alla Italia degli italiani capaci di conservarla e di onorarla, nel culto di ogni più elevata idealità, nell’unione della fede con la educazione civile: egli pensa che l’Italia sarà grande e forte il giorno in cui in ognuna delle sue mille terre, un vincolo di collaborazione intima, cordiale, unirà la casa del comune alla scuola, la scuola alla chiesa: sicchè esse formino un tutto inscindibile, una unità sociale che rispecchi in sè l’unità della coscienza umana. Ed è lieto che la riunione odierna consenta di associare nel ricordo due nomi illustri nella storia del pensiero civile e religioso: Nicolò Tommaseo ed Antonio Rosmini, un laico ed un religioso, un poeta ed un filoiofo; ma l’uno e l’altro educatori: l’uno e l’altro cristiani nel fondo della loro anima, nella pratica della loro vita, l’uno e l’altro ben degni di essere invocati a vigilare come angeli tutelari sulle sorti della scuola italiana».

Una lunga ovazione salutò la fine del discorso.

La Principessa CLOTILDE

La chiamavano tutti la Santa di Moncalieri, perchè da quel Castello — dopo una vita trascorsa all’ombra di due troni, dopo una iliade d’inenarrabili dolori — da molti anni Ella non usciva e viveva in santo ritiro, esercitando un’illuminata carità.

L’eroina che subiva un martirio per amore alla famiglia e alla patria; l’eroina che minacciata da terribili rivoluzionari, dichiarava di non conoscere la paura, era divenuta la Santa, la fata benefica di Moncalieri, dove è spirata serenamente, rimpianta da tutti senza distinzione.

Della fede ardente, dell’affetto vivissimo di Maria Clotilde alla famiglia ed al paese, della sua umiltà somma, è documento commovente la supplica «a Maria Santissima della Consolata» inclusa nel cuore d’argento da lei offerto nel cinquantenario (1879) dell’incoronazione di quella veneratissima effige. La principessa invoca la benedizione della Madre consolatrice sul sommo Pontefice Leone XIII, sulla Chiesa perchè ne sia accelerato il trionfo e su Torino. «Torino sia Vostra e sempre Vostra; io ve la dono essendo anche mia, poichè essa è la mia patria». E prosegue: a A voi confido, come alla migliore delle Madri, i ragazzi miei, Vittorio, Luigi e Maria Laetitia; custoditeli come vostri in terra, affinchè vostri pure e di Gesù sieno in Paradiso. Vi raccomando Napoleone, Umberto, Amedeo, Maria Pia, Margherita, Luigi ed i loro ragazzi, tutte le
persone delle mie famiglie, come se ve le raccomandassi una per una. Vi raccomando ancora tutte le persone che mi hanno chiesto di pregare per loro, tutte quelle che mi sono state raccomandate.... Vi chieggo quanto vi chiesi nel giorno della vostra festa, Maria Madre mia; vi chieggo per me, la più povera, l’ultima delle vostre figliuole, un amore sempre più grande pel vostro Gesù, la fedeltà a tutte le mie promesse, il favore di essere sempre vostra. Oh! Maria, pregate per noi! per il nostro paese, salvatelo, ottenete misericordia a tutti al mondo che va perdendosi, ai poveri peccatori e alle anime del purgatorio...».

La donna che ha accenti di pietà così fervidi, che geme come una colomba ferita, il 4 settembre del 1870 mentre nelle Tuileries minacciate da una folla furibonda tutti perdevano la testa, cortigiani e generali — gli eroi di quelle feste magnifiche che ad Alfredo di Musset facevan dire una notte scendendo lo scalone della reggia napoleonica: «sì, tutto ciò è bello, assai bello, ma non darei due soldi per l’ultimo atto» — la principessa Maria Clotilde quel giorno, supplicata dal generale Trochu (poi comandante generale della difesa di Parigi) «di allontanarsi immediatamente con i suoi figli mentre era ancora in tempo, con una calma incredibile dichiarava non esservi premura alcuna e non volere che la sua partenza avesse neppure l’apparenza d’una fuga». È storica la fiera risposta al consiglio di rialzare i cristalli della carrozza per non essere riconosciuta dai tumultuanti: «Una figlia di casa Savoia non conosce la paura». Il Trochu, ammirato di «quel coraggio tranquillo che è inspirato soltanto da solida e profonda pietà» scrive: «Di fronte agli esaltati di patriottismo, agli energumeni della politica, agli impauriti ed ai pusilli che in vario senso si agitavano, la principessa Clotilde mi apparve quale un angelo di virtù, di coraggio, di onore».

PAGLIUZZE D'ORO


Gli uomini si devono prendere come sono. Voi non potete nè raddrizzare i loro nasi, nè abbellire il loro spirito, nè mutare le loro abitudini: e son questi gli uomini in mezzo a cui la vostra vita trascorre, son questi che dovete apprendere a tollerare, compassionare ed amare; son questi gli uomini, più o meno stupidi e brutti, di cui dovete ammirare i movimenti di bontà, pei quali dovete nutrire ogni possibile speranza, esercitare ogni possibile pazienza.


L’oceano è profondo ed immenso; entro le sue acque vivono e si moltiplicano piante ed animali: posano roccie e diamanti, si nascondono drammi inenarrabili: più grande dell’oceano è il cielo, che accoglie infiniti mondi contenitori di oceani; più grande del cielo è il pensiero o l’anima dell’uomo che attraversa etere ed acqua, penetra la materia, scopre le leggi della natura ed il visibile e l’invisibile abbraccia: ma più grande di ogni cosa è l’Essere primo che l’Universo e l’anima ha creato.


Nessuno può scegliersi il Getsemani; bisogna accettarlo come lo si trova: nel clangore delle trombe che lo racconteranno eternemente, o nel profondo mistero che nessun occhio potrà scrutare.

E. Spielhagen.