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il buon cuore 293
L’ho inteso io stessa dire, parlando della morte (poichè già da qualche tempo si sentiva mancare): avverrà quello che il buon Dio vorrà! Qualche momento prima dell’ultimo respiro, la suora gli presentò il suo crocefisso a baciare, e mi sembra che egli abbia fatto uno sforzo visibile per abbracciarlo ancora una volta. Ed ora bisogna pregare per lui, ve lo raccomando. Era così buono, così affabile e così gentile per tutti: scusava tutti quanti ed era così caritatevole pei poveri che Dio gli userà, spero, misericordia. Insomma, pregate per lui. Papà ha avuto una morte dolce e tranquilla: non ha avuto, quasi, agonia. Le Loro Maestà e mio cugino e mia cugina Murat erano presenti per l’estrema unzione. E’ commovente vedere la parte viva che tutti pigliano al nostro dolore. Ma il mio buon padre aveva saputo accattivarsi talmente i cuori! Matilde, in questi ultimi giorni, dimorava a Villegenis. Povera sorella, anch’essa ha molto sofferto. Ella ha un cuore così buono! Ed ora eccoci tornati nella calma più completa: le loro Maestà sono a Saint Cloud, Matilde poco lontano, nella sua villa a San Graziano. Per conto nostro, non sappiamo ancora quello che faremo. In ogni caso per il momento mio marito ha troppo da fare per potersi assentare.

La cerimonia degli Invalidi è stata imponentissima. Ufficiava il nostro ottimo cardinale. Io ho per lui una profonda venerazione ed un affetto rispettoso. Il vescovo di Troyes, monsignor Coeur, ha pronunciato un bel discorso con un’eloquenza assai commovente. Ho assistito a tutta la cerimonia, felice di poter rendere quest’ultimo omaggio a chi amavo tanto. Prima dei funerali il corpo di papà fu espoto qui nel palazzo durante alcuni giorni ed una gran folla venne a vederlo: ogni mattina si celebravano delle messe, e si pregava tutta la giornata. Ora egli riposa agli Invalidi in una tomba, dove è pure il corpo di mio cognato Gerolamo ed il cuore di mia suocera, il cui corpo è a Wurtemberg...

(Continua).

Domenico Russo.

Storia breve di un’anima penitente (1)

Fecisti nos Domine ad te
et inquietum est cor nostrum
donec requiescat in te.

(Conf. di S. Ag.).

O mio Dio, come si sente di essere fatti per Voi e di dovervi cercare in tutto! Voi ci commovete col vostro cielo alto, aperto sopra di noi, che si eleva quanto

  1. Vita et miracula Sanctae Margaritae de Cortona, autore Juncta Bevegnate.
    Bollandisti. Acta SS. Februarii III, pagg. 758 e 300-356.
    Lodovico da Pelago. Antica leggenda della vita e dei miracoli di S. Margherita, Lucca, 1793.
    Crivelli (E.). Antica leggenda della vita e miracoli di S..V. di Cortona, Siena, 1897.
    Wadding. Annales Minorum, anno 1297, tip. Rochi Bernabò, Roma 1733, tom. V, pagg. 20-24, 371-376.
    Marchese Francesco. Vita di S. M. d. C., raccolta dai processi per la sua canonizzazione (Venezia e Parma, 1747).
    Lorini Gaetano, Vita di S. Margherita da Cortona, Siena 1897,
più ci avanziamo per le sue vie incendiate dagli astri. Voi irradiate di vostra bellezza la terra, dove la vostra paterna mano ci ha collocati dopo di avercela preparata come una cuna negli spazi. La vita poi, tutta la vita, come ci parla di Voi nella sua svariata manifestazione.

E ciò che compie il fascino, è tutto l’insieme armonico di questa natura: è la sua debolezza e la sua forza; il gigantesco e l’eleganza; il morire e il rinascere; il mutarsi senza distruggersi. Essa è grande e non si è fatta da se; è bella e non è fatta per sè. È venuta da Voi e Voi la governate nascondendovi dietro di essa come dietro di un velo. Sicchè, o mio Dio, noi non possiamo amar lei senza amar Voi. Le mani di questa madre ci risollevano a Voi nostro Padre che vi siete servito di lei per chiamarci alla vita.

Ma più bella, più grande, o mio Dio, è la voce che parte dal nostro essere umano. Da qui si eleva tutta la musica della natura perchè è in noi che l’avete tutta incentrata con una vita che vince le altre vite.

Il mondo e i suoi regni dei quali è fatto il nostro corpo, sono così nobilitati in noi, da riflettere l’anima immortale e spirituale che ci informa. E noi guardiamo con guardi più profondi del cielo, e noi abbiamo palpiti più grandi del mare.

Contemplando questo tempio dell’anima nostra, o mio Dio, quale idea alta della vostra mente creatrice nasce in noi e quale rispetto ci occupa di noi stessi. E l’anima che porta la vostra immagine!? che, mentre è vita di ciò che cadrà come cade la foglia morta e la vecchia ala dell’aquila spossata dagli uragani, esso non cade perchè l’avete fatta Voi col soffio della vostra bocca e le avete dato il raggio che non si spegne del vostro volto?! Ah l’anima, come ci porta a Voi nella ricerca del termine del suo intelletto e della sua volontà, bramosa di tutto il vero e di tutto il bene!

Desiderii infiniti, ricerche infinite, insazietà infinite, cantate il bisogno di Dio che è in noi.

E voi l’avete fatta figlia vostra, o mio Dio, questa creatura umana, questa terra e questo cielo, questo tempo e questa eternità, sposati insieme. E per farla figlia vostra le avete dato il sangue del Figlio vostro rendendola degna di vivere eternamente beata della vostra vita nei cieli.

Eccola qui dunque la creatura umana, fatta sintesi di tutto il creato, perchè tutto il creato in essa trovi la via del ritorno al suo principio mediante una libera offerta. Eccola qui la creatura umana venuta da Dio, incamminata a Dio, destinata a finire in Dio.

A questo punto, una cosa si appalesa, che è tutta del nostro tema, che anzi è il nostro tema; ed è che quando la creatura umana redenta, si ferma colle creature nel suo viaggio a Dio, e a queste creature cerca gioje proibite nella propria dissoluzione, essa leva il piccone contro tutto il creato della natura e della grazia monumentato nell’uomo; per conseguenza resta tanto più inquieta e infelice quanto più si avanza nella demolizione, risentendo quasi il lamento di tutto il creato disonorato in se stessa e finalmente, se la grazia riesce a trionfare, essa non può darsi più pace fino a che con la