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il buon cuore 395
l’essere che sortiva i primi palpiti di vita e la natura che gli si offriva docile e volonterosa ancella. Rara e celestiale armonia fra le creature inanimate, irragionevoli ed il principe del creato, l’uomo: fra l’uomo ed il suo Creatore.... Senza un urto, senza una scossa regnava la legge naturale in cui la mente armonizzava col cuore, la carne era suddita allo spirito.

Per la colpa ed il fallo primo succede un rovescio. S’oscura l’intelletto: s’armano a ribellione le passioni, travia il cuore. Occorre la legge, quella che è l’esplicita e solenne manifestazione del volere supremo. Mosè la riporta al popolo sulla pietra. Periodo della legge, della giustizia.

Cristo che la legge adempie e perfeziona ci dà la grazia.... Grazia nella fede che ci viene largita gratuitamente, innanzi ad ogni nostro merito o buona azione: grazia nelle mozioni del cuore che s’inchina al bene, al vero, al buono; grazia perché ci fa grati ed oggetto di grazia a Dio noi, nati figli d’ira e di peccato fin dall’origine.

Quanto tuttavia ci fu una volta gratuitamente dato non è possibile ritenere o respingere a nostro beneplacito. Ogni dono lega in modo indissolubile il donato al donante: come possibile pensare di avere per questa Fede un minor rispetto, una minor cura, un minor studio?... Non è alle volte possibile alla nostra imperdonabile leggerezza un maggior pe adso ogni stormir di idea nova, ad ogni capriccio d’un minuto, che non il rispettare profondamente quella fede che aspettata per ben quaranta secoli, è suffragata dal voto di popoli e popoli, dell’omaggio dei secoli per ben duemila anni?...

Quante volte — più facile che Pietro innanzi alla fantesca nel pretorio di Pilato — la nostra fede arrossa, s’umilia e nasconde innanzi ad un motto, ad una frase cosidetta di spirito!... quante volte a disagio si trova la virtù d’una timida nella conversazione, nel ridotto, innanzi all’audacia insolente d’un giovinotto!... Quanto soffre la nostra Fede d’essere amata si, ma in fondo al cuore, nei penetrali dello spirito dove nessun occhio la scopra, dove niuno la senta, che di là si trae nei solenni momenti del dolore.... nel chiuso d’una cameretta.... nel sacro — ed inviolato al mondo — recinto d’una chiesa!...

È la Fede, sospirata quaranta secoli — per cui Cristo disceso dal Cielo moriva sul Calvario — per cui lasciarono la vita milioni d’eroi e martiri questa che oggi è «la tollerata»?...

B. R.

PENSIERI


Sopportare in sè stesso con dignità le traversie e le amarezze, onde si riempie la vita, è segno di forza, e compatire, non in senso sterile e inerte, ma in senso attivo e benefico, gli errori, le colpe e le sventure del prossimo, è segno di amore, e ambedue sono i cardini sui quali gira l’umana bontà.

Pazienza è una magra parola, una parola amara per chi non crede.

Educazione ed Istruzione


Tripolitania



Il Cardinale Ferrari pei feriti di guerra.

La Rivista diocesana reca una lettera di S. E. il Cardinale Ferrari che annuncia al clero e al popolo le disposizioni relative alle offerte da raccogliersi per i feriti e le famiglie povere. Il Cardinale nota anzitutto: «In questi giorni di trepidazione non possiamo dimenticare tanti cari figli di questa patria nostra, che, pronti e fedeli al loro dovere, combattono da prodi soldati sulle spiaggie africane, esposti a continui pericoli, tanto più grandi perchè stanno di fronte il tradimento e la barbarie». Invoca le preghiere dei cattolici pei caduti. Accenna ai sacerdoti che assistono i combattenti e ai morenti somministrano gli estremi conforti della religione. Passa quindi a stabilire la necessità di sussidi materiali. Anche questa è fiorita carità cristiana. «Si raccolgano adunque — scrive — nelle chiese parrocchiali le offerte sia per i feriti, sia per recare aiuto alle famiglie povere che hanno sul campo della guerra i loro giovani. I parroci fisseranno il giorno per la colletta da farsi in chiesa; le offerte verranno inviate alla Curia dove una commissione, composta da monsignor Pro Vicario Generale, da un altro ufficiale di Curia, da monsignor Arciprete del Duomo, dal presidente e dall’assistente ecclesiastico della Direzione diocesana, attenderà ad assegnare e a distribuire i sussidi dietro accurate informazioni ed opportune intelligenze, dandone poi pubblicamente esatta relazione».

È la miglior risposta (così commenta la Perseveranza) a certi giornali cittadini, che s’erano troppo affrettati a scrivere che il capo dell’archidiocesi proibiva la carità, l’obolo della solidarietà pei nostri feriti. Ormai non sono che i socialisti fuori della corrente nazionale, anche in un’opera di pietà, umanitaria, che dovrebbe essere superiore alle ire di parte.


Lettere del pittore Todeschini.

Il giovane pittore Pierino Todeschini, figlio del distinto Giovanni, richiamato come sergente al 68.° reggimento fanteria, ha scritto dal mare, a bordo del Bologna, poi da Bengasi, le seguenti lettere, che contengono magnifiche espressioni del suo spirito sereno, geniale, affettuoso. Innamorato dell’arte sua come il padre; innamorato delle montagne come il prozio suo geologo, l’abate Stoppani, egli trovavasi nella diletta Valsassina, dove eseguiva studi geniali, quando fu chiamato dal grido di guerra.

ALTO MARE, DAL PIROSCAFO «BOLOGNA»

22 ottobre 1911.

Carissimi,

Voi siete poveri disgraziati. Con tutta la vostra bravura e superiorità, non siete mai stati capaci di gustare quanto me la vita di bordo. Siamo in più di 3000 persone (soldati), e tutti quanti la pensano come me. Trattati più che signori da parte d’ogni