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IL BUON CUORE 45


flutti, egli attende le squadre dei principi cristiani che han promesso di partecipare alla guerra santa, e che debbono riunirsi qui nel porto. Morente, è venuto per benedirli alla loro partenza: vuol partire con essi. Ah come grande e sublime è l’impresa, e qual festa sarà sul Mediterraneo ed in tutto il mondo cristiano, il giorno in cui si tornerà d’Oriente colle spoglie del mostro, sterminato nel suo covo! Ma le ore passino, i giorni si seguono e nessuna vela si mostra all’orizzonte. E allora, quando si è certi che i principi cristiani han dimenticato il loro giuramento, e che non vi sarà nessuna crociata, allora il cuore del veglio si spezza... Pio II muore e l’Oriente rimane musulmano!»

Domenico Russo.

IL CONTADINO E LA FALCE


piccola novella ungherese


Io mi trovavo proprio lì, quando massaro Gergely Csonàk entrò nella bottega del negoziante di ferramenta.

— Bel buon giorno — disse.

— Buon giorno: che vi occorre?

— Ci occorrerebbe una falce.

11 negoziante si affrettò a recargli sulle braccia un gran mucchio di falci. Massaro Csonàk gettò uno sguardo di sghembo su quegli arnesi.

— Dovrebbero darmi la marca «cannone»— disse sdegnosamente.

Il mercante rimise a posto le falci «toro» e ne portò alcune segnate col «cannone».

— Ve ne son pure delle altre — osservò Csonàk, lasciando cader le sillabe dall’alto della sua persona.

Il negoziante gli mostra pazientemente tutte la marche «cannone».

Gergely Csonàk diè un fagace colpo d’occhio sulle falci sparse sul banco, ma non ne avrebbe toccata una per tutto l’oro del mondo. Cominciò a grattarsi in testa.

— Orsù; cosa avete a dire? — chiese il mercante.

— Vediamo un po’; vediamo: bisognerebbe aver qui le marche «toro» — rispose Csonàk.

Si dovettero riportar là di nuovo le marche «toro».

Massaro Gergely parve anche lui un po’ imbarazzato, e prese a caso una delle falci fra le mani.

Chiuse da prima l’occhio destro, e guardò così il filo della falce; poi, chiuse l’occhio sinistro, tenendo verticalmente la falce con la punta in su; indi, la picchiò giù con la punta in basso; in fine, se la sollevò sulla testa, e guardò lungamente con le palpebre semichiuse.

— Quanto costa? — disse con aria indifferente.

— Due fiorini.

— Questa falce? — domandò con ironia. — Non è Possibile._ Una falce come questa?

La posò di piatto sul bancone, e disegnò in aria col dito un manico imaginario per osservarne l’effetto. Poi prese la lama fra il pollice e l’indice, la percosse icon le nocche a più riprese, la tentò come a curva con una mano, la lasciò, la picchiò ancora con la punta in giù; infine la fece piegare sul ginocchio.

— Va là, va là... Due fiorini per una falce simile?

Il mercante giurò di non poterla dare a miglior partito: era il prezzo che costava a lui stesso.

— Non è punto temperata a dovere, sa lei?

— È acciaio inglese, finissimo; non v’è di meglio.

— Mi piglia per gonzo? È una vecchia falce rattoppata.

— È acciaio del meglio. E vivrà quanto voi.

— Se non si sgretola — replicò Gergely Csonàk ghignando.

— Voi non avete avuto mai una falce come cotesta.

— Io?... Io?...

— Ma guardatela bene.

— Devo guardarla? Perchè vuole che la guardi? Una falce è una falce. Una falce somiglia a un’altra. Io non la guarderò. È la prima che mi capita fra le mani. Orsù, carte in tavola! Quanto ne vuole, sul serio? Ho ancora tanti affari al mercato!

— Ve l’ho già detto: due fiorini!

— Ma scusi, è cristiano lei? Vorrei un po’ sapere che cosa rende così preziosa la sua falce?

E ricominciò a osservarla, a mirarla, la fece fischiare; poi se ne andò verso la porta a vederla in piena luce. Sulla soglia si volse per far notare di aver lasciato il cappello sul banco.

Innanzi alla porta, espose la lama ai raggi del sole, che guizzaron lietamente sulla tersa superficie bluastra. Poi si avvicinò la falce alla bocca, vi soffiò su ed esaminò attentamente l’estensione opaca prodotta dal respiro per veder se l’alito spariva subito. Infine, fece tintinnir l’acciaio sul marciapiede.

— Ha un suono curioso — mormorò.

Rientrato nella bottega, si ostinò su questa idea:

— Non mi piace il suono... punto. Vuol lasciarmela per un fiorino e ottanta «kreuzer?».

— Il diavolo vi porti via!... Ecco; vi scemo dieci «kreuzer», prendetela per un fiorino e novanta....

— Impossibile. Non li vale... I miei figlioli mi sconoscerebbero... Si o no?

— Niente di meno.

— Allora... Dio la benedica.

Usci; ma si fermò nel mezzo della via; poi tornò su’ suoi passi, e gridò di nuovo:

— Sì o no?

— No.

Imbarazzato e tentennando la testa, Csonàk si girava il cappello unto fra le mani.

— Oh, io non ho trovato anima al mondo più dura da che ho l’età della ragione. Via; fatemi il piacere: mettetela da parte, in quel cantuccio. Ci ripenserò.

Una buon’ora dopo, lo si vide tornare. Aveva seco un compagno.

— Eccomi qua — disse ansante, asciugandosi il sudore dalla fronte. — Ecco il compare dí mio figlio, Komot Istòk di Doroszrma. Abbiamo pensato che prenderà una falce anche lui; e allora sarebbe giusto, comperando due falci, che ognuno avesse la sua a miglior mercato.

— Non posso dare le mie falci a meno; ve l’ho detto cento volte.

— Ci pensi meglio; non guasti i suoi affari per troppa fretta....