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92 IL BUON CUORE


giorni di tempo perfido, venuti ad intercalarsi periodicamente con pioggia fredda, rabbiosa, ostinata, perversa, ci si ebbe finora tutte giornate limpide, fulgide, gloriose. Una primavera precoce con tutto il delizioso corteo di dolci tepori diffusi, di prorompente risveglio della vegetazione sotto i palpiti misteriosi del gran essere della madre terra, del profumo delicato e acuto d’un mondo di viole spiccanti fra i massi o sparse ovunque tra i campi e i prati che verdeggiano del verde più tenero e profumato. I mandorli e i peschi sono tutti in fiore a mettere nell’aria azzurra la nota di gaio sorriso dei vivaci loro colori; i primi augelletti hanno fatta la loro apparizione mettendo tutto in festa il bosco montano scelto a loro dimora. Che ebbrezze di piacere accusa a me d’attorno la ridente natura e come mi invita ad un seducente abbandono tra le sue carezze, ad intonarmi con lei, a sorridere ancora una volta, a ritrovare gli antichi sogni dorati onde fu elettrizzata la mia gioventù, a dimenticare, a deporre la pungente mestizia diffusa come un velo funerario sulla mia esistenza ornai spezzata per sempre!

Va da sè che io rilevo fa fortuna di questo trattamento di favore: non è cosa trascurabile potersi permettere il lusso di una vacanza così lunga, così fuor di tempo, in località incantevoli e col favore d’una stagione magnifica come capita a me di presente. E ne approfitto, dandomi allo sport montano; visitando i dintorni immediati di Chiavenna su cui le sfrenatezze delle formidabili forze di natura hanno lasciato le traccie più visibili, con sollevamenti e spaccature e dispersione di immensi blocchi di formazione vulcanica; andando ai punti di vista più indicati per godere meglio lo spettacolo di questi monti ergentisi come gradinate d’un anfiteatro gigantesco.

Qui tutto mi interessa, dalla storia antica del borgo alle inezie, ai pettegolezzi esilaranti della calma vita quotidiana. Dico storia antica, perchè Chiavenna ne ha una. Chiavenna, capoluogo di mandamento, da cui si diramano le strade per lo Spluga e Val Bregaglia, è l’antica Clavenna dei Romani, da quei nostri illustri antenati conquistata nel 738 di Roma e gelosamente custodita come punto strategico. Dopo il mille si resse a Comune ed ebbe consoli proprii. Bona di Savoia nel 1486 la cinse di mura per difenderla contro i Grigioni e di esse mura esiste ancora un torrione merlato vicino alla stazione. Il Castello di cui restano considerevoli avanzi è nominato in un documento del 995. Fu distrutto dal Barbarossa, riedificato dai Visconti, occupato nel 1500 dai Francesi e nel 1512 difeso contro i Grigioni, infine smantellato nel 1526. Nel 1621 viene in potere degli Spagnuoli per tornare nel 1639 ai Francesi ed ai Grigioni.

Presentemente, soppressi, crediamo per sempre, gli arbitrii, le violenze, le infrarnettenze dello straniero, nella pace e nella tranquillità Chiavenna attende ai suoi commerci e industrie, a sviluppare e raggiungere un ben inteso progresso materiale e civile nella fecondità del lavoro e dello studio, a procacciarsi quel benessere che è mèta di tutti gli uomini.

Non è a dire quanto mi delizii nell’ammirare Chia-
venna religiosa; i suoi tesori artistici di carattere sacro; la sua arcipretale dedicata a S. Lorenzo (1538), ampia, sfogata, grave senza pesantezze, malgrado lo stile barocco e l’ornamentazione pittorica dell’istesso stile onde tutta è decorata; le tante chiese e cappelle un giorno appartenenti a’ religiosi, e dopo le soppressioni ufficiate dal clero locale; l’ottagono sito presso la chiesa madre, adibito a Battisterio, nel cui centro si ammira la vasca battesimale, monolito del 1156 al cui esterno si vedono bassorilievi di scoltura rozza raffiguranti il rito del battesimo fatto da un vescovo e tre preti, in presenza di tre personaggi, un nobile, un guerriero ed un artefice che si riterrebbero i rappresentanti il comune di Chiavenna. Davanti all’arcipretale si alza un bell’atrio del carattere dei rari atrii cluniacensi della Lombardia, e si allarga in rettangolo il porticato modesto ma slanciato che cingeva l’antico cimitero. È detto «il portico dei monumenti» per le lapidi mortuarie murate nella parete interna. Molto carino, civettuolo quasi, il cimitero nuovo biancheggiante di monumenti assai eleganti.

Non finisco di ammirare la cosidetta Pace, lamina d’oro finissimo delle dimensioni di cm. 40.4 ✕ 31, riccamente ornata di mosaici, smalti, perle e pietre preziose. Si crede legatura di un messale: è lavoro tedesco del sec. XII, e regalo di un vescovo qui di passaggio. La partitura delle linee e degli ornati e disegni e figure arieggia, per quanto in miniatura, il famoso paliotto di S. Ambrogio di Milano. Per dare idea del pregio di questo cimelio basti dire che inviato all’Esposizione Voltiana di Como, vi fu assicurato per mezzo milione. Nel tesoro della Collegiata si conserva pure un calice d’argento cesellato a pallida doratura (sec. XV) alto cm. 30 con coppa del diametro di cm. 14 base del diametro di cm. 20.5 fregiata di decorazioni rilievi e fogliette a smalto; nodo e coppa hanno scudetti con smalti e figure di santi. Prezioso anche un ostensorio a raggiera del 1705. Ma non è solo a Chiavenna che si trovano cimeli di questo genere; si direbbe che ogni anche più piccola Parrocchia vanti il suo tesoretto artistico. Così Prosto per es., vanta una pianeta di broccato d’oro su velluto, forse già un manto d’epoca remotissima; e poi quel palazzo Vertemate di cui bisognerebbe parlare a parte e a lungo.

Vado dunque pellegrinando anche per curiosità artistica.... ma non finirei così presto di far cenno di tutto ciò che mi delizia quassù, fino a dimenticare che casa mia è altrove. Me ne fanno avvisato rare punture di nostalgia sottile e la visione della bella Figlia di Jefte tutta avvolta di faville d’oro.

SOVRANI COLLEZIONISTI


Tutti o quasi tutti i sovrani sono collezionisti appassionati. La mania della collezione — mania essenzialmente moderna — è diffusa in tutte le classi sociali ed è, in proporzione diffusissima nella classe dei regnanti.

Curiosissime notizie sulle diverse specie di collezioni