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IL BUON CUORE 231


porre ai nostri contadini, poveri per lo più, le incerte esperienze che loro sono certamente preparate nelle terre, sia pure di grande potenzialità di produzione, ma non ancora preparate a riceverli?

Vi sono poi, oltre i settlers, i salariati agricoli. Non è cattiva la loro condizione: leggiamo nella statistica su citata che i contadini in generale hanno da 25 a 30 dollari al mese con vitto; carrettieri di campagna, che hanno in custodia 6-8 cavalli, ricevono un salario che va da 35 a 40 dollari con vitto anch’essi, mentre i mungitori di latte hanno da 30 a 40 dollari al mese, ma senza vitto.

Dobbiamo però lamentare che questi agricoltori salariati siano un po’ troppo erranti sul territotio Californiese; forse nella speranza di trovar terre libere redditizie — il sogno di ogni lavoratore della terra — essi emigrano dall’un capo all’altro dello Stato, e in quelli limitrofi, incessantemente. Ma all’acquisto di queste terre libere redditizie ostano anzitutto le difficoltà su accennate, mentre poi un pezzo di terra di buona qualità già coltivato costa (ci riferiamo a dati del 1908) dai 50 ai 100 dollari per acre, cioè da 675 a 1350 lire italiane per ettaro, non molto di meno di quanto vale in media la terra in alcune parti d’Italia.

Sarebbe incompleto il nostro esame sulle condizioni degli emigrati in California, se non facessimo un breve cenno dei pescatori. È noto lo sviluppo enorme che ha preso l’industria della pesca (del salmone in special modo) presso le popolazioni costiere del Pacifico: il prodotto nel 1910 fu valutato a circa 3 milioni di dollari.

I pescatori italiani sono specialmente napoletani, siciliani e genovesi: posseggono battelli a vela e ricavano un’agiata esistenza dalla loro industria. Essi hanno conservato il tipo del pescatore italiano, nonostante la distanza dai porti da cui provengono e la lunga dimora in questi paesi. «Arditi e pacifici, affermava in proposito il Conte Gerolamo Naselli, già R. Console a S. Francisco, generosi e pazienti, essi vivono la stessa vita a cui erano abituati in Italia; di giorno il mare per gli uomini, le mura domestiche per le donne e alla sera la mensa apprestata dalle donne, riunisce l’intera famiglia».

A proposito dell’industria della pesca, alla quale si dedicano molti dei nostri, non possiamo passar sotto silenzio un’ardita iniziativa italiana: nel 1906, dopo il terribile terremoto che distrusse buona parte di S. Francisco, fu costituita in questa stessa città una grandiosa cooperativa, la Western Fish Co., per lo smercio del pesce, che sorse dalla fusione di molte Ditte private italiane, e che prospera ora meravigliosamente.

Volendo ora trarre qualche conclusione da quanto abbiamo esaminato, non ci par dubbio di dover affermare che non esistono attualmente in California speciali favorevoli condizioni che consiglino ad avviarvi una forte nostra emigrazione operaia e agricola. Anzi una considerevole emigrazione diretta a queste regioni andrebbe incontro a delusioni, tenuto anche conto dell’enorme distanza dall’Italia e dalla mancanza di linee
di navigazione italiane dirette e di facilitazioni ferroviarie.

Gli operai nelle città non solo avrebbero da lottare, come abbiam veduto, contro lo spirito esclusivista della mano d’opera locale; ma anche non troverebbero nella legislazione sociale californiese tutto l’appoggio che sarebbe legittimo aspettarsi dalle leggi di uno Stato per altri lati tanto progredito: così in materia di invalidità e vecchiaia degli operai e in quella, così frequente, di infortuni sul lavoro.

Gli agricoltori poi a loro volta non vi troverebbero più le opportunità di dieci, venti anni or sono, perchè attualmente le terre subito adatte alla coltivazione sono poche: benchè il suolo sia fertilissimo, occorrono ingenti capitali per le spese di colonizzazione: e in California il capitale tende a seguire la mano d’opera, mentre è interesse della nostra emigrazione che la mano d’opera segua i capitali.

Queste le condizioni di vita che una numerosa immigrazione nostra incontrerebbe attualmente nella California: indubbiamente a coloro che vi si recassero con un discreto capitale, specialmente in seguito all’invito personale di chi è colà a giorno delle condizioni economiche continuamente mutevoli, le opportunità non mancherebbero. Secondo noi le stesse opportunità parimente non mancheranno anche agli altri emigrati, a quelli che non posseggono altro capitale che le braccia, quando si avvereranno grandi trasformazioni nella vita agricola e industriale del paese. Il canale di Panama, la cui apertura viene in questi giorni annunciata più imminente di quel che si credeva, contribuirà certamente a dare questa vitalità nuova alla California: sarà esso che metterà in valore le immense distese di territorio che ancora vi sono negli Stati della costa del Pacifico.

E allora anche per la nostra emigrazione si aprirà un nuovo orizzonte: il fatto solo che l’apertura del Canale del Panama renderà meno costoso il viaggio dall’Italia a questi Stati, e acconsentirà sicuramente le comunicazioni marittime dirette di essi Stati (e principalmente della California) coll’Italia, basterà a indicare la nuova meta. Fra alcuni anni dunque.

Eugenio Bonardelli.

PENSIERI


«I medici di casa.....

«I veri medici sono coloro che in casa non strepitano e non urlano, ma sono i miti e accorti custodi della pace, che sanno trattare colle persone irascibili, dare i rimedi opportuni negli accessi improvvisi di furore e anche dire parole di refrigerio quando la febbre delle anime ha raggiunto i trentanove gradi!

«Sia gloria a questi medici e a queste medichesse!».


«Il solo amore, degno del suo nome, è quello che sempre e dovunque eleva».


«Io devo gettarmi in un oceano di fatica, fuggir lontano dal mio io e spendere l’anima mia per gli altri!».