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244 IL BUON CUORE


«Quindi è, che godendo egli piena libertà dell’esercizio di sua cattolica religione, e dell’educazione della prole dell’uno, e dell’altro sesso, secondo la stessa cattolica Religione, ed essendo rimosso ogni pericolo di sua sovversione, col consenso della suddetta sua compagna, pentito del fallo commesso, implora dall’Autorità apostolica un opportuno riparo, capace di render tranquilla la di lui coscienza, e di cancellare ogni sinistra idea nei cattolici, fra quali debbono ambedue abitare, benchè vengano reputati legittimamente congiunti».

Grande fu lo scandalo di questa conversione nella famiglia Blondel, e fiere le ire del padre e della madre della sposa contro tutta la famiglia. Strazianti le lettere della figlia per implorare il perdono. Furono messe in mezzo persone avvedute e sacerdoti di coscienza per persuadere i Blondel della piena buona fede della sposa e del pieno suo diritto a convertirsi a una religione che le pareva superiore e che sola ormai le dava la pace dell’anima; ma inutilmente. I Blondel non perdonarono; e Alessandro e la madre non misero più piede in quella casa e corsero fra gli uni e gli altri dure parole. Ed ecco entrano in scena l’abate Eustachio Degola e il canonico Luigi Tosi, due confortatori di tutta la famiglia Manzoni alla nuova vita cristiana, colorata in questo primo periodo di giansenismo, poichè il Degola, come è noto, era, in senso lato allievo di Scipione de’ Ricci e sino dal 1797, in un giornale stampato a Genova, s’era sforzato di conciliare la libertà e la religione senza troppo curarsi dell’attitudine della S. Sede.


I Manzoni e i Cavour.

È da notare questo influsso del giansenismo nella giovinezza di Alessandro Manzoni, come, forse più direttamente, in quella di Giuseppe Mazzini e in quella di Camillo Cavour, la cui madre Adele de Sellon, di religione riformata, si converti anch’ella al cattolicismo in quegli anni. Abbiamo nel carteggio una lettera di Giuseppe Boyer all’abate Degola, datata da Torino il 28 ottobre 1811, nella quale appunto si legge: «Più mesi or sono, io mi sono indirizzato a voi per sapere qual era il metodo, che voi avete adottato per convertire alla Religione nostra cattolica una signora che professava il Calvinismo; del che io era richiesto dall’abate Tardì, il quale aveva intrapreso la medesima cura spirituale verso la Marchesina di Cavour e Madama d’Huzers, sorelle della Baronessa della Turbie, la quale, alcuni anni sono, già s’era fatta cattolica. Ora ho la soddisfazione d’annunziarvi che desse hanno solennemente fatto li 21 corrente l’abiura del Calvinismo, abbracciando la sacrosanta nostra Religione, nelle mani dell’abate Tardì, che le istruiva. La funzione fu edificantissima, ed esse sono contentissime della risoluzione loro. Lessero tutte le opere di Bossuet e di Nicole contro i protestanti, oltre alcune altre, e nel corso delle loro letture ebbero anche ben lunghe conferenze coll’abate Tardì....». Anzi, l’abate Degola concepì il disegno di far entrare in carteggio le neofite del Tardi con la signora Manzoni: ma dal carteggio non risulta che il disegno avesse effetto.

Il Manzoni pio.

Ci appare invece da queste carte in nuova attitudine il nostro Alessandro. «Monsignor Tosi, scrive l’Enrichetta nel gennaio 1811 da Milano dove erano tornati, mi ha dato da leggere il catechismo di Montpellier (opera del grande Colbert, ascritto dal Sainte-Beuve alla razza leonina, pugnace e generosa dei lottatori che il giansenismo seppe produrre accanto all’Arnauld) che mi ha fatto grandissimo piacere ed io ne faccio qualche volta la lettura a maman. La sera mio marito ci legge un poco della Religion meditée (altra pubblicazione cara ai giansenisti) è un libro che io amo molto di cui cerco di leggere qualche cosa ogni giorno: il nuovo Testamento che voi ci avete procurato. Il buon monsignor Tosi viene una volta la settimana a farci la dottrina e la fa separatamente e in francese a una delle nostre donne che non capisce l’italiano». Al medesimo abate Degola, da Lecco, il 22 febbraio 1811, monsignor Tosi ospite dei Manzoni, mandava intorno alla famiglia altre notizie, particolarmente preziose: «....le cose continuano bene. La signora Enrichetta non può condursi meglio, ha acquistata anche una maggiore franchezza con sua madre, nel che prima la di lei tenerezza e pusillanimità mi dava qualche timore; del resto, mi pare che la di lei virtù vada crescendo ognora più; la famiglia ne è edifidata, ed io ne son sempre più consolato. Anche D. Giulia è sempre meglio tranquilla; si va staccando a poco a poco dalle idee non cattive, ma irregolari di cui era ripiena; si avanza nel fervore e nella esattezza, e mi dà le migliori speranze. Per il buon Alessandro confesso che son in inquietudine, perchè i miei timori sulla dissipazione che potevano cagionargli le cure di una fabbrica dispendiosa in Brusuglio, le brighe per gli affari propri, ai quali giustamente ha cominciato ad attendere, la conversazione di qualche amico di Milano, non sono stati del tutto vani. Vorrei vederlo occupato più seriamente, più economo del tempo, e più docile alle insinuazioni dolcissime della moglie e della madre. Pregate e fate pregar molto per lui, perchè si ottenga tutto quel frutto che si cerca, per una perfetta corrispondenza alle grazie singolarissime che il Signore ha fatte a lui e alla sua famiglia. Guardatevi però dal fare alcun cenno, scrivendo, di ciò che vi dico in piena riserva». Ma questi del Tosi erano forse scrupoli piuttosto che fondati timori, e in una letterina del Manzoni al Canonico leggiamo: «Si compiaccia di pregare il buon Gesù che non si stanchi di farne risplendere i miracoli in un cuore che ne ha tanto bisogno»; e in un’altra di lui al Degola: «La famiglia tutta si raccomanda alla memoria sua dinanzi al Signore, ed io principalmente come il più bisognoso di tutti. Preghi Ella perchè piaccia al Signore scuotere la mia lentezza nel suo servizio e togliermi da una tepidezza che mi tormenta, e mi umilia; giusto castigo per chi non solo dimenticò Iddio, ma ebbe la disgrazia e l’ardire di negarlo. Ma se il desiderio mio è per la gloria di Lui, e se sarà avvalorato dalle sue orazioni, spero vederlo esaudito». Che sono accenti di animo contrito, nel quale la gran lotta ormai era cessata e subentrava al