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IL BUON CUORE 247


Qualche settimana fa, soggiornando tra le aspre solitudini marine e montane di Positano — sulla strada tortuosa che lega Sorrento al golfo di Salerno — fui consigliato dal giovine e valente pittore svedese Carl Palme e dalla sua signora, di recarmi nella vicina Amalfi a visitare il rifugio ove il grande poeta scandinavo concretò uno dei suoi drammi più noti. I signori Palme vennero meco a rendere omaggio riverente a quegli che è della loro lingua e del loro pensiero, più che nazionale di razza, l’inclito rappresentante.

Ad Amalfi — linda e graziosa, raccolta intorno alla cupola e al campanile sfolgoranti della lor cattedrale — tutti vi sapranno indicare l’antico Albergo della Luna che in diversi tempi e replicatamente ospitò Gladstone, Kinley, Gioacchino Pecci, che fu poi papa, Victor Hugo, Enrico Ibsen, Otto Erik Hartler, l’autore squisito di «Lunedì delle rose»....

L’Albergo della Luna — insegna piena di romanticismo e con in sè qualcosa di profondamente misterioso — si drizza bianco su di uno scoglioso promontorio alla punta estrema del quale, come a guardia di due piccoli golfi, sta una diruta e, fenduta torre saracena simile all’altra poco lontana dello Ziro, ove nel 1500 fu rinchiusa ed uccisa dai fratelli, Giovanna d’Aragona, duchessa d’Amalfi.

L’edificio fu convento degli Antoniani sino al 1793, poi scuola e infine dal 1848 albergo a cui convenivano, per la magnificenza della positura, i grandi uomini a riposare o a lavorare: non fu qui che Hugo scrisse il suo Inno ai maccheroni napolitani?...

Salite una scala esterna a tre ripide e brevi rampe e vi troverete nel graziosissimo chiostro quattrocentesco che, con le sue colonnette sorreggenti archi acuti, inquadra un piccolo giardino pensile pieno di sole, di cespugli, di fiori. In un angolo del corridoio, su un battente della porticina, è inchiodata una cartolina illustrata con il ritratto di Enrico Ibsen e più sotto quello dell’Hartler.

Il cameriere Raffaele Barbaro — un magro uomo di cinquant’anni, eretto, dai grandi baffi e dagli occhi rabbuiati — vi dirà, indicandovi la porticina, senza aggiungere altro:

— È qui!

Si capisce che qui non può riferirsi che ad Ibsen od all’appartamento da lui occupato.

Quattro camerette comunicanti fra loro, due delle quali separate da un arco a tutto sesto, così che una di esse appare alcova dell’altra: ecco ove il poeta norvegese assieme con la moglie e il figlio Sigurd, giovinetto allora, adesso grave signore ed ex-ministro del Re, trascorse tre mesi nella quiete operante. In questo iperbolicamente minuscolo appartamento come dovevano essi sentirsi vicini vicini in piena intimità famigliare anche quando Ibsen, nel salotto — la prima camera azzurra che dà sulla terrazza — curvo sulla vecchia scrivania, che religiosamente oggi si conserva — volava lontano nelle alte profondità del pensiero insie-
me con i suoi fantasmi poetici! E di contro il Tirreno risonante e l’arco del cielo, e ai lati le montagne della Calabria e della Campania...: l’Italia nostra che egli amò compiutamente per le mille bellezze e le mille bontà e che abitò da Sorrento ad Amalfi a Roma....

Roma è ricca di memorie di lui, c’è anche una lapide sulla facciata di un albergo.... I nostri vecchi videro il piccolo norvegese ispido, dalla grande testa laboriosa; e lo rammentano anche per gli aspri dissidi con Bijörnson che pareva si elaborassero in Scandinavia e venissero a maturarsi da noi. Chi ignora, per esempio, che sopra un album tenuto segreto del Circolo Scandinavo, tra i due confratelli corse un dialogato di insolenze ogni qualvolta l’uno vedeva dell’altro la firma? Chi non sa al Caffè Greco — il classico ritrovo secolare di poeti e di artisti — che una sera si passò dalle insolenze alle vie di fatto? Ma son quelli tempi lontani: la pace doveva essere sigillata da un matrimonio: il figlio dell’uno impalmò la figlia dell’altro. Davanti all’amore tacquero le ire nemiche.

(Continua).

PAGLIUZZE D’ORO


La luce del volto.

Non c’è nulla di più bello e piacevole d’un viso illuminato da un senso di vera simpatia e di vigile amore e non c’è nulla di più triste del volto chiuso ed accigliato di un uomo che gira e rigira sempre intorno al suo piccolo Io.

Enciclopedia

dei ragazzi

È uscita la 43.a dispensa,


Contiene:
COME DISTINGUONSI I FUNGHI MANGERECCI DAI VELENOSI L’AUSTRIA E LA NUOVA ZELANDA — LE COSTRUZIONI CIVILI DEL RINASCIMENTO — GLI INSEGNAMENTI DI GESÙ CRISTO — IL CONTE DI MONTECRISTO — LO SCRITTORE CHE CANTÒ IN UN POEMA IL DIVIN SALVATORE — IL CALDO ED IL FREDDO — PARLARE E CANTARE — MORI DI SIEPE — DOVE SI TROVANO LE CONCHIGLIE? — NOVELLE, POESIE, PASSATEMPI, ECC.

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