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Anno XI. | Sabato, 10 Agosto 1912. | Num. 32. |
Giornale settimanale per le famiglie
IL BUON CUORE
Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE
Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena
E il tesor negato al fasto Manzoni — La Risurrezione. |
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La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
Rosmini — Opere spirit., pag. 191.
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Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.
SOMMARIO:
Educazione ed Istruzione
Il dolore di Michelangelo
Da pochi anni il pubblico (dico pubblico inesattamente) si interessa alla vita intima di Michelangelo. Prima bastava il suo nome quasi balenante di una luce al di là a dare un’idea molto vaga del suo genio colossale. Il suo nome è un po’ fratello, nella fortuna a traverso i secoli, a quello di Dante e di Sanzio nel fatto che dall’alta gloria a cui pervennero sono universalmente noti, pronunciati da tutte le labbra senza che la ragion prima di tanta gloria invogli le anime ad una conoscenza più precisa. Anzi l’opera loro, terribile di bellezza, intimidisce e scosta i profani per attirare e penetrare di amore ardente solo gli eletti. Infatti il novecentonovantanove per mille degli italiani non vede che una volta sola il Mosè anche se tutte le circostanze più propizie siano a loro favorevoli per ripetere la visita alla Chiesa di S. Pietro in Vincoli.
È così. Del resto eguale fenomeno si ripete per tutte le arti, per tutti i grandi nomi diventati non altro che simboli del genio e valori per quotare la minore o maggiore elevazione spirituale di questa o quest’altra nazione. Tuttavia gli adoratori della bellezza in tutte le sue forme ci sono e ci saranno sempre: rari, isolati, sperduti; ma eterni. Ecco, ora, Michelangelo ricercato, scrutato, nelle sue lettere, nelle sue poesie. D’ora innanzi, accanto alle visioni evocate dal suo nome, contempleremo anche quella del suo spirito; non più un momento solo della sua vita interiore, fissato nel marmo, ma potremo vivere con lui della sua vita quotidiana.- Solo io ardendo all’ombra mi rimango,
- Quando il Sol dei suoi razzi il mondo spoglia;
- ogni altro piacere, e io per doglia,
- prostrato in terra mi lamento e piango.
Così scriveva in versi nel 1523 quando la sincerità nella lirica era cosa non soltanto fuori moda, ma quasi impossibile grazie ai modelli tiranneggianti e allo stampo petrarchesco non ancra disfatto.
Un altro grido:
- Io piango, io ardo, io mi consumo, e il core
- di questo si nutriste. O dolce sorte!
- Chi è che viva sol della sua morte,
- come fo io d’affanni e di dolore?