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IL BUON CUORE 269


la Divina Provvidenza lo avesse continuamente assistito; come Io avesse salvato dall’idolatria, oltre che col dono della ragione, col magistero,continuo e persistente della Rivelazione.a mezzo dei Profeti. Gesù voleva che parimenti il popolo ricordasse come a tanta insistenza di amore si ’era corrisposto con una triste insistenza di odio e persecuzione: i Messi`’di Dio erano stati misconosciuti, ributtati, malmenati, uccisi; e rinnegate le dottrine rivelate che costituivano il popolo d’Israele depositario’ de’ segreti di Dio sulle sorti dell’umanità, gli Ebrei aveano invidiati ai popoli gentili gli Dei falsi e la libertà di costume. Dio c.!-..e colma di benefizi la, gente di Giuda: l’ingratitudine geldia con cui il popolo risponde alla regale munificenza del suo Dio, ecco ciò che cruccia il cuore di Gesù e che ispira la bella parabola. Ma la parabola divina e le minaccie che la chiudono restano ancora, attraverso tutte le vicissitudini della famiglia umana, come un monito severo, ma insieme provvidenziale, per quanti hanno sperimentato le atne.)rose sollecitudini della divina benignità. I tesori divini, si espandono nell’anima di un salo individuo ovvero scendano ad arricchre tutta una famiglia o una Comunità, non ritornano mai a Dio vuoti: cotesti tesori l’uomo deve utilizzarli, trafficarci sopra e ristituirli a Dio accresciuti. Se l’anima nostra rimane inoperosa, se non ci industriamo di renderci giorno per giorno più utili a noi ed ai nostri fratelli: se non facciamo sì che tutti i giorni il tesoro della bontà e della virtù si accresca, Dio ci ripudierà, si disgusterà di noi, isi allontanerà da noi. E come sotto l’influsso della sua grazia la nostra povera umanità si trasforma si risangua e diventiamo forti della forza stessa di Lui: egualmente se Dio si allontana da noi, la nostra fibra s’infiacchisce, si spezza, diventiamo le canne che si, piegano ad ogni alitar di vento. Ma in modo speciale ’Dio si disgusta di nói quando noi abusiamo de’ suoi doni. Allora Egli ci lascia in balia di noi stessi; permette che tutti gli elementi contrari alla nostra perfezione esercitino la loro azione, sul nostro, carattere e così la corrente del male, perfida e fatale corrente, ci avvolge, ci trascina. Se avviene che dal composto umano si ritiri l’anima, il corpo va in dissoluzione: quando dall’individuo o dalla collettività si ritira Dio, principio di vita, morte e corruzione prorompono.

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Perché ci persuadiamo ch’è nostro compito non trascurare mezzo alcuno per progredire, il nostro lavoro è assomigliato a quello dei vignaiuoli. Per vigna, in. un primo e più largo senso va intesa la Sinagoga giudaica, e poscia la Chiesa cattolica che alla Sinagoga si è sostituita. Ma in senso meno lato, parlando di vigna e vignaioli, noi intendiamo l’anima nostra. Pensate: il vigneto, dal verde che si stende lungo la collina, dai tralci che si protendono turgidi di foglie e di grappoli dorati; l’immagine del vigneto (la

cui sale il profumo e la festa della vendemmia, non richiama spontanea l’idea dell’anima nostra colla sua bellezza, colla sua potenza, irradiata di luce mirifica, sorrisa di speranze e di destini inebrianti? Nella vigna però due elementi sono nettamente distinti. L’uno, la vigoria naturale per cui la pianta sugge dal terreno i sali e gli umori e si sviluppa in tralci, in foglie, in frutto. Ma se a questo primo elemento non si associa l’opera oculata dell’uomo che supplisce o perfeziona dove natura fa difetto, a poco a poco. la pianta si esaurisce, muore, secca e diventa legna da ardere. Anche l’anima nostra’, che pure è ricca di energie naturali, e malgradOsia resa anche più esuberante da condizioni particolari di ambiente; anche l’anima nostra ben presto si esaurirà, diventerà sterile e senza vigoria, se noi, con un lavoro assiduo, non ci studiamo di accrescerne la bellezza e di renderla, ognora più atta a ricevere la piena luce che Dio ama sovra di lei riversare. L’anima è la vigna: noi siamo i ’vignaioli: dobbiamo adunque all’anima nostra dedicare un lavoro paziente, amoroso;.lavoro di tutti i giorni, lavoro di tutte le ore.

nostro agitarci si ridurrebbe però a inutile sperpero di forze, se non lavorassimo in accordo, o meglio, sorretti dalla grazia diVina. Per questo Vangelo la nostra vita spirituale è assomigliata ad un edificio di cui Cristo è la base, la pietra angolare. Se noi camminiamo nella luce, come dice l’apostolo San Giovanni, lo dobbiamo a Cristo: le.,genti che non conoscono ancora il suo Vangelo, non sanno che sia civiltà e progresso. Se oltre la Verità, sentiamo in noi la energia sufficiente per operare il bene: se noi amiamo, il prossimo malgrado ciò ripugni al nostro egoismo; se ci assogettiamo all’autorità, malgrado ciò implichi l’abbassamento del nostro orgoglio; se, in poche parole, noi facciamo qualche atto di virtù, si è perché la voce di Lui, di Gesù, ce lo suggerisce e ci spro,na. Gesù è la pietra sicura su cui si appoggia, come a sostegno la nostra povera e debole umanità. Infelici coloro che ignorano l’esistenza di un sì saldo sostegno! Essi vanno brancolando nelle tenebre e finiranno per inciampare, a loro danno, contro la pietra fatale, giacchè la legge’ che Gesù ha proMulgato sarà la condanna deiloro sistemi basati su una concezione incompleta della vita, della sua esigenza e de’ suoi destini. Più. infelici ancora coloro che, pure conoscendone la dottrina, non hanno saputo o voluto mettere la parola di Gesù à base della loro vita!’Il passeggiero che è stanco della via, si asside sulla pietra e di lì, riposato, ricerca collo sguardo, il profilo •deFla.patria ormai vicina e sussulta di gioia. Ma se ebbro d’orgoglio, osa sfidare la rupe e vorrebbe qUasi attraverso ad essa aprirsi un varco, cadrà sfinito al primo cozzo, e sotto i frantumi della roccia troverà la,,.a sepoltural.