Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, n. 43 - 23 ottobre 1915.pdf/4

Da Wikisource.

IL BUON CUORE 292


dare conto della nostra Vita, per vedere quali debiti noi abbiamo verso di lui, cioè per vedere quali peccati noi abbiamo commessi, e applicherà la pena meritata, in ragione e proporzione dei peccati stessi. Questo giorno non è fissato, ma è ua giorno che certamente,arriva;.è un giorno inevitabile; può arrivarci da un momento all’altro; anzi, secondo quanto Gesù Cristo dice in altro luogo del Vangelo, quel giorno arriva quando meno noi io aspettiamo, come un ladro che per entrare con più sicurezza in una casa, sceglie il momento nel quale il padrone è fuori di casa; e nel senso spirituale quando il peccatore è fuori di casa sua, cioè, distratto dagli interessi terreni e dalle passioni che lo trascinano, pensa poco, o non pensa affatto, agli interessi dell’anima propria.

Avendo principiato a rivedere le partite, gli fu presentato uno che gli andava debitore di diecimila talenti. Questo debito è enorme; secondo la valutazione dei denari presso il popolo ebreo, diecimila talenti equivarrebbero a cento venti milioni di lire. Evidentemente questa misura non va presa in senso esatto, materiale, ma in senso traslato, cioè che il servo aveva un debito assai grave, e tale che non era in grado di soddisfare. Così avviene pure dei debiti che noi abbiamo verso Dio, cioè dei peccati che abbiamo commesso contro di lui. Ogni peccato mortale è un debito grave, grave in se, grave per la sua insolvibilità. Grave in sè perchè il peccato mortale è un’offesa a Dio, che diventa quasi di valore infinito per la natura infinita di Dio, contro il quale si oppone; grave perchè noi offendiamo Dio che ci ha tanto beneficato; Dio che si è umiliato sino a venir sulla terra per noi, che ha patito, che è morto sulla croce per noi; Dio che volle rimanere sulla terra perpetuo cibo delle anime nostre nel santissimo sacramento dell’Eucaristia; Dio che a questi benefici di carattere generale, ha aggiunto una serie di tanti benefici particolari, che, costituiscono una storia speciale di benefici nell’intimo rapporto dell’anima nostra con lui. Noi solo sappiamo e possiamo dire, quanto la storia dell’anima conti numerosi, continui, squisitissimi, questi benefici: grave per la sua perchè l’uomo è impotente a cancellare da sè il proprio peccato commesso, trovandosi privo della grazia di Dio, mezzo necessario perchè il peccato ci sia rimesso. L’uomo da sè può peccare, non può da sè solo uscire dal proprio peccato.

Non avendo il servo di che zagare, comandò il i adrone che fosse venduto lui, la sua moglie, i suoi figliuoli, e quanto aveva, e si saldasse il debito. Questi forma di pagare i debiti è relativa ai costumi dei tempi ’antichi: le persone erano considerate come cose: íe persone sono però le cose più preziose che l’uomo possa avere, specialmente quando le persone hanno un vincolo così stretto con noi, come la moglie, i figli, da essere considerati come fossimo noi stessi. Nel senso morale questa pena così grave è immagine delle

vene che i nostri peccati si meritano dinanzi a Dio,,cioè la condanna eterna, la privazione della libertà dell’anima nostra, e di tutte le facoltà che la costituiscono, l’intelligenza, la volontà, i sensi, che sono quasi a dirsi i nostri famigliari. Ma il servo prostratosegli ai piedi, lo supplicava dicendo: abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. E’ questo l’ufficio del peccatore per ottenere il perdono dei suoi peccati, la condizione indispensabile perchè Dio gli usi misericordia; riconoscere il suo peccato, sentire, dichiarare l’obbligo di soddisfarlo, supplicare perchè gli venga perdonato, Manifestandosi pronto a adempire tutte le condizioni richieste, perchè il perdono ci sia concesso. Sono le condizioni precise che si riuniscono a formare il Sacramento della penitenza. Quale è la condotta di Dio?’ Mosso il padrone a pietà di quel servo, lo lasciò in libertà e gli condonò il debito. Quante volte Iddio si è con noi comport-àto in.questo modo! Noi avevamo offeso Dio, l’avevamo offeso gravemente. Quanti peccati noi siamo dolorosamente obbligati a riconoscere nella nostra vita! Ingratitudini, disobbedienze, infedeltà, negligenze, scan dali, furti, sacrilegi... se non sono tutti, ciascuno nel segreto della propria coscienza faccia la scelta dei peccati che gli appartengono. Se Dio avesse agito con noi a rigore di giustizia, egli avrebbe potuto colpirci co’ suoi castighi, quando noi col peccato eravamo suoi nemici dichiarati; Dio benignamente ci attese: quel giorno che noi, stanchi del peso della nostra coscienza, ci siamo risolti a pentirsi dei nostri peccati, ci siamo recati ai piedi del sacerdote di Dio, ne abbiamo fatto una sincera accusa, abbiamo chiesto il perdono, abbiamo pianto di dolore, quel giorno Iddio si lasciò commuovere del nostro dolore, delle nostre lagrime, ci perdonò, e la compiacenza, il sollievo dell’anima per quel perdono, la gioia che tutto ci invase nel sentirci ancora in possesso della grazia sua, oh quanto ci compensò del sacrificio che abbiamo fatto, delle difficoltà che abbiamo vinto contro il nostro orgoglio nel prostrarci ai piedi del Confessore, il quale alzando la sua mano benedetta, in nome di Dio ci disse: io ti assolvo!

La gioia, il benefizio, che Dio ci aveva accordato col perdono dei nostri peccati, doveva essere una predisposizione per accordare noi lo stesso beneficio agli altri, se l’occasione portasse che gli altri fossero in qualche modo debitori a noi. Noi dovevamo quasi desiderare che questa occasione si presentasse, per avere il piacere di far vedere a Dio quanto apprezzavamo il beneficio che aveva accordato a noi nel perdono del molto, accordando noi. al nostro prossimo il perdono del poco. Del poco, perchè si vogliano pur grandi le offese che gli altri possòno aver fatto a noi, non potranno mai nella gravità eguagliarsi alle offese che noi abbiamo fatto a Dio. Dio è di natura infinita; noi siamo della stessa natura di chi ci offese: i