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prodigiosa grandezza. Queste due operazioni preparatorie furono tuttavia con successo condotte a fine nel corso di un anno. Ma l’operazione finale, la più delicata, quella cioè di rizzare la stupenda massa, rimaneva ancora a compiersi. Terminati alla fine i preparativi, il Fontana si recò dal Papa domandandogli che fissasse il giorno in cui il monolito doveva essere eretto. Fissollo il Papa; e promise anzi di onorar della sua presenza la cerimonia, la quale non poteva non attrarre da tutte parti un immenso concorso di popolo.

— «Questo è che mi fa paura,» disse l’architetto. «Se il romore della folla distraesse gli operai, e impedisse fosse inteso il menomo de’ miei comandi, io più non risponderei di nulla.»

— «Non abbiate paura,» disse papa Sisto, «mi darò io pensiero di ciò.» E immediatamente dettò un editto, per cui era ordinato che niuno osasse levar la voce durante l’erezione dell’obelisco, pena la vita. E il proclama col tremendo sigillo papale impressovi sopra, fu tosto affisso per le mura di Roma.

«Il giorno stabilito, Fontana si confessò e comunicò; e ricevuta la benedizione papale, salì sul palco elevato dal quale doveva dirigere la grand’opera. I suoi ordini erano dati per mezzo di campane e di bandiere vario-colori, onde gli operai, anche senza sentire, potessero intenderli ed eseguirli. La piazza del Vaticano, gremita che ci si soffocava, pareva un pavimento di teste; e doveva essere un bello imponente spettacolo, vedere quella moltitudine, per comando di un sol uomo, immobile e tacita quasi fosse non un popolo di vivi, ma un popolo di statue. Papa Sisto dall’alto seggio preparatogli guardava alla riunita folla rimasta quasi senza fiato innanzi a lui.

«Finalmente fu dato il segnale, e cominciarono a muoversi gli argani, a girar le puleggie, a tendersi e stridere e crepitar le funi. Su, su, lentamente si leva il mostro di granito. Fontana sventola le sue bandiere: il Papa si affaccia attento; le migliaja di persone al disotto rattengono fino il respiro — un minuto ancora e lo smisurato monolito sarà in piedi. Tutto ad un tratto si sente un fatal crepitare, e l’obelisco resta immobile per un secondo; poi ricade di alcune oncie; le funi più non hanno piglio su di esso. Il Papa aggrotta le ciglia — tutta Roma impallidisce. Fontana perde la sua prontezza di spirito. «Acqua! acqua!» grida all’improvviso una voce; «bagnate le funi.» Fontana obbedisce al benedetto avviso. Si getta acqua sulle funi, e le filamenta allentatesi si contraggono, e gli operai