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menta; e che era pronto a ratificare ciò che aveva scritto, essendo quella la pura verità. La prima dichiarazione di Iervolino, la susseguente ratifica, la denunzia, e tre rapporti segnati, allora vengono letti. Non può dire qual fosse il tenore del giuramento preso, nè quali segni indicatigli, avendoli del pari dimenticati. Si rammenta bensì che i segni venivano ogni tanto mutati. Egli li aveva ricevuti sempre da Settembrini, il quale raccomandavagli continuamente di mescersi a’ popolani appartenenti alla setta. Quali fossero questi «popolani,» egli nol poteva dire, perchè non gliene venne indicato alcuno in particolare. Alla domanda «Che grado teneva egli nella setta?» risponde che non era se non un membro ordinario. Ma essendogli fatto osservare che quella risposta trovavasi in contraddizione con quello che su di ciò aveva detto nella sua dichiarazione scritta, si rammenta allora che di fatto era stato promosso da Nisco al grado di unitario. Ridomandato intorno al giuramento preso, dice non rammentarsi se non che il giuramento era per la Costituzione. Ridomandato se questo era tutto, e se nessuna mutazione nella forma di governo non fosse implicata nel giuramento, risponde che da prima il giuramento obbligava a sostener la Costituzione; ma che di poi, come aveva appreso da altri associati, era diretto allo stabilimento di una Repubblica — (Qui, secondo il solito, pronunciata alla fine questa parola tanto aspettata, il presidente dà segno di approvazione e di soddisfazione marcata). Iervolino non rammenta i segni di riconoscimento datigli la prima volta; ma fra quelli comunicatigli ultimamente da Settembrini, rammenta le parole: — «Noi siamo tutti figli, la madre è Roma,» e fa cenno di un segno consistente in toccarsi il naso e l’occhio sinistro coll’indice della mano destra. — (Questi segni son dati nell’atto di accusa stampato). Non era poi stato mai presente ad alcuna riunione della setta; nè sa se siffatte riunioni avessero mai avuto luogo.

Il difensore di Poerio domanda l’inserzione nel processo verbale del deposto di Iervolino, che il giuramento richiestogli era per la Costituzione. Il presidente e il procurator fiscale vi si oppongono, e il difensore persiste. Allora il Presidente ridomanda Iervolino intorno alla formola del giuramento, e Iervolino ripete che giuravasi fede alla Costituzione; ma che poi aveva sentito a dire che dovevasi alla fine venire ad una Repubblica. Nei quai termini la risposta fu registrata nel processo verbale.

L’accusato Poerio si leva in piedi, e prega il presidente di domandare a Iervolino se siano tutti i suoi segreti rap-