Pagina:Il mio Carso.djvu/23

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E quando tutti avevano già finito di mangiare e bevevano il caffè fumando i lunghi sigari virginia, la porta si apriva con grande sforzo e tu entravi nel tuo grembiulino candido con alle spalle i bei nastrini rosa, dormiglioso Pipi. Eri bello e sano, coi capelli biondi e le gambocce nude, la giovane carne ancora tiepida di sonno. I tuoi occhi strani, inquieti o estatici, guardavano contenti la bella tovaglia bianca che aspettava ancora te prima d’esser portata via, e i tanti piatti che papà aveva coperti con altri piatti a rovescio per conservarti calde le vivande.

E ti annodavano un tovagliolone odoroso di lavanda, ti mettevano davanti i lunghi, teneri risi nel grasso brodo di pollo; la coscia di pollo e l’ala per i tuoi denti aguzzi; l’ombolo liscio cosparso dalla salsa di capperi; le rosse ciliege carnose, a ciocche, con cui t’orecchinavi deliziato del loro fresco; il fettone di torta, la più grande fetta che il nonno tagliava apposta per te. E tu zitto, metodico, grave, sparecchiavi tutto senza domandare cos’era. Ma tutto ti piaceva, e tutto bastava appena per una corsa in giardino. Eri sano e forte; i tuoi compagni ti nominavano subito comandante, poichè li vincevi in corsa, in lotta e in tirar sassi. Eri buono, e tutti ti volevano bene.

Steno, Gigetto, Toci, Oidecani, Eugenio, Vincenzo, Scarpa, Pipi op là! in acqua, in acqua! Oggi si combatte per l’onore del club «Dagli!».

Schizza il mare a ondate quando il «Dagli!» si butta a testa giù dalle palafitte. Il panciuto col cappello di paglia stinta che prima d’adagiarsi nell’acqua bagna igienicamente l’ombilico e la fronte, scappa via impaurito dal nostro tuffo. Scappan via tutti i pacifici bagnanti dalla