Pagina:Il podere.djvu/197

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Tordo non si licenziava perchè non avrebbe potuto trovare dove lavorare poco a quel modo; Picciòlo e Dinda avevano deliberato di rimanere fino a quando sarebbe stato possibile; e Berto voleva attendere un altro anno: lì, ormai, quasi tutti i lavori più faticosi erano finiti e per l’invernata aveva messo in serbo molte legna da bruciare. Dunque, non gli conveniva fretta.

Remigio sentiva la sfiducia; ma non sapeva bene di che si trattava. Gli dicevano:

— Per il podere, bisognerebbe spendere di più!

E avevano l’aria di dirgli anche: «Lo sappiamo che i denari non ci sono!»

Dopo questi discorsi, egli ricordava certe giornate; quando, guardando il turchino, gli era parso di vedervi l’immutabilità della sua tristezza. Ma, mentre d’allora gli restava come un compenso dentro la coscienza, ormai trovavasi di fronte alle cose, come a una inimicizia. Anche il suo podere era un nemico; e sentiva che perfino le viti e il grano si farebbero amare soltanto se egli impedisse a qualunque altro di doventarne il proprietario. La casa stessa gli era ostile: bastava guardare gli spigoli delle cantonate. Se non aveva l’animo di distruggerla e di ricostruirla, anche la casa non ce lo voleva. Da tutto, la dolcezza era sparita.

L’avvocato gli aveva detto che era riescito