Pagina:Il podere.djvu/216

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farai più prato. E anche più grano. Pensa, Dio benedetto, che non solo non ce n’è restato per mangiare, ma nè meno per il seme!

Remigio avrebbe desiderato parlare d’altro, e disse:

— Non bisogna scoraggiarsi!

Quando furono al podere di San Lazzaro, Remigio si fermò:

— Lei si avvii, io, tra un’ora sarò a casa. E ceneremo.

— Se tu avessi in tasca da darmi qualche lira, comprerei il tonno alla Coroncina; dove, ora, ce l’hanno buono.

Egli le dette cinque lire, e le suggerì che comprasse anche il salame.

Augusto Centini, padrone di San Lazzaro, stava su l'uscio di casa, in maniche di camicia, a prendere fresco; tra la moglie e la cognata. Erano tutti e tre grassi e tondi; con i capelli color di stoppa e gli occhi ceruli, quasi bianchi. Remigio salutò e chiese al Centini:

— Vorrebbe comprare qualche quintale del mio fieno?

Il Centini, prima di rispondere, lo costrinse ad avvicinarsi:

— Venga qua, si metta a sedere con noi.

Remigio dovette accettare. Quando fu seduto, disse alla moglie e alla cognata:

— Questo giovane è il proprietario della Casuccia; il figliolo del povero signor Selmi.