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Una sera di marzo, mite e tiepida, piena di nebbia lattiginosa fra cui arrivava indistinto il profumo dei pascoli rinascenti, Elena ricevette una lettera listata di nero.

Era a letto, e oramai le lettere le faceva ritirare dalla posta da una domestica fidata, e dopo averle moltissime volte rilette, le rimetteva entro una borsa di velluto che aveva ricamato negli ultimi mesi dell’anno.

Paolo le scriveva con semplicità profondamente triste, che il suo vecchio padre era morto; ella aspettava da molti giorni la notizia.

Pensò intensamente, a lungo, col gomito puntato sul guanciale e con la lettera aperta sotto gli occhi.

Un gran silenzio era per la casa, perchè credevano che la malata riposasse; la luce tiepida e bianca andava spegnendosi dolcemente per le pareti; i vetri riflettevano la pace grigia e vaporosa della sera, e attraverso questa pace solenne, vibrati nel silenzio e nella trasparenza perlacea dei vetri, giungevano i suoni della via: erano passi tranquilli, voci, grida remote di bambini e l’abbaiar di un cane, il passo di un