Pagina:Il tesoro.djvu/68

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vrebbe trovato, dovendo egli recarsi in campagna. Zia Agada e Costanza si guardaron desolate, e io allora dissi: — Se posso comunicargli ciò che avete da chiedergli lo farò con piacere. — Si guardarono di nuovo, stettero in dubbio, nicchiarono, e Costanza fece: — Ma noi possiamo dirlo ad Elena! — Se posso esservi utile! — esclamai. Allora zia Agada mi porse da leggere questa lettera dicendo: — Ebbene, è un fatto che devi sapere. — Se mi date retta — diss’io dopo aver letto — non parlatene a Cosimo, che forse non se ne prende cura, o non ci crede. È una cosa semplicissima, e faremo noi la risposta. — Le convinsi e mi lasciaron la lettera. Senti, Giovanna — conchiuse Elena pensierosa — ho veduto in sogno il babbo che mi diceva: — Finora i tempi furono tristi, ma cambieranno! — Io non credo ai sogni, ma chi sa? Il babbo deve guardarci di lassù: chi sa, chi sa che non sia stata l’anima sua a guidar qui zia Agada?

— Se fosse vero! — esclamò Giovanna sempre più stupita. — Ma perchè non risposero prima, perchè non lo dissero a zio Salvatore!

Elena ripetè quanto Agada Brindis le aveva riferito su questo proposito.

— Anch’io non son convinta — disse poi. — Può essere una truffa, il mondo è così cattivo, ma può darsi sia anche vero. Ora facciamo la risposta: io la detto e tu la scrivi, perchè la tua calligrafia è più sconosciuta della mia.