Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/258

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230-259 CANTO IX 203

230poi che posto hanno il campo vicino alle navi ed al muro,
di Troia i figli altieri, coi loro alleati famosi,
e bruciano pel campo gran fuochi, né, dicono, sosta
faranno ancora: voglion piombare sui negri navigli.
Auspíci ad essi il figlio di Crono mandati ha da destra,
235folgoreggiando; e infuria, fremente d’orgoglio e di forza,
Ettore, terribilmente, ché in Giove confida, e non teme
uomini piú, né Numi, sí grande furore l’ha invaso;
e prece fa che presto si mostri l’Aurora divina,
ché allora gli alti aplustri minaccia stroncar delle navi,
240arder col fuoco vorace le navi medesime, e quivi
fare sterminio di tutti gli Achei sgominati dal fumo.
Ed orrida paura mi domina il cuore, che i Numi
voglian le sue minacce compiute, e sia nostro destino
morir lontani d’Argo, sottesse le mura di Troia.
245Ma su, vedi se vuoi dall’urto schermir dei Troiani,
benché già tardi, i figli d’Acaia che giacciono oppressi:
tu stesso poi cordoglio ne avresti; ma piú non si trova
farmaco al male, quand’è compiuto: e tu prima provvedi
come tu possa lontano tener dagli Achivi il mal giorno.
250Eppure questo, o caro, ti disse tuo padre Pelèo,
quel dí ch’ei t’inviò da Ftia, con l’Atríde, alla guerra:
«Atena ed Era a te, daranno, o figliuolo, vittoria,
se lo vorranno; ma tu nel seno il magnanimo cuore
sappi frenare: è meglio saper contenere lo sdegno.
255L’ira tu sempre allontana, che macchina mali; e gli Argivi,
giovani o vecchi, tanto di piú ti sapranno onorare».
     Cosí diceva il vecchio; ma tu l’hai scordato. Su’, ora
smetti, deponi l’ira che i cuori divora; e l’Atríde
degni presenti a te darà, se tu l’animo plachi.