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110-139 CANTO XX 189

     110Cosí disse, e coraggio spirò nel pastore di genti,
che via mosse tra i primi, coperto del lucido bronzo.
E ad Era non sfuggí, la Diva dall’omero bianco,
Enea, mentre fra l’urlo di guerra movea contro Achille;
e gli altri Dei raccolse, cosí prese a dire la Diva:
115«Volgete ora a noi due la mente, Posídone e Atena,
a quello ch’ora avviene. Quale esito avran questi eventi?
Vedete Enea, che muove coperto del lucido bronzo,
contro ad Achille Pelíde, ché Apolline Febo lo spinge.
Su via, dunque, noialtri pensiamo a respingerlo indietro;
120oppure alcun di voi si faccia vicino ad Achille,
e infonda in lui vigore possente, né nulla gli manchi
di ciò ch’ei brama, e veda che sono i piú forti fra i Numi
quelli che l’amano, e invece che valgono un fiato di vento
quelli che in pugne ed in zuffe difeso han finora i Troiani.
125Oggi, d’Olimpo siamo discesi, partecipi tutti
della battaglia, perché non incolga sciagura al Pelíde:
un’altra volta, poi, patirà quella sorte che a lui
filò la Parca quando sua madre lo diede alla luce.
Ma se il Pelíde ciò non udrà dalla voce d’un Nume,
130sgomenterà, quando un Nume, vedrà che gli muove di contro
nella battaglia: tremendi, se appaion palesi, i Celesti!».
     E a lei rispose il Nume che cinge che scuote la terra:
«Era, non sia che senza ragione ti sdegni: ch’è male.
Davvero, io non vorrei sospingere i Numi alla zuffa.
135Su via, noialtri andiamo, sediamo lontan dalla calca,
sopra un’altura; e la pugna si lasci ai guerrieri mortali.
Ché se la zuffa attacca poi Marte, od Apolline Febo,
o se trattengono Achille, né lascian ch’ei possa pugnare,
súbito impegneremo noi pure il contrasto di guerra