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200 ILIADE 440-468

440d’Ettore innanzi ai piedi di nuovo ricadde. Ed Achille,
pieno di furia balzò, bramoso di dargli la morte,
con un orribile grido. Ma Febo lontano lo trasse,
facile impresa a un Nume, di nebbia lo avvolse in un velo.
Tre volte si scagliò coi piedi veloci il Pelíde,
445colpí tre volte l’aria profonda con l’asta di bronzo.
Ma quando si lanciò la quarta, che un dèmone parve,
queste parole disse, lanciando terribili grida:
«Anche una volta, o cane, tu sfuggi alla morte; ma pure,
ben presso t’è venuta. T’ha Febo salvato, a cui certo
450ti raccomandi, quando ti lanci al fragor delle zuffe.
Ma io ti spaccerò, se pure di nuovo io t’incontro,
se ho fra i Numi anch’io qualcuno che vegli a me presso.
Adesso sopra gli altri, su chi posso coglier, m’avvento».
     E, cosí detto, ferí per mezzo alla nuca Driòpe.
455Questo dinanzi ai suoi piedi piombò. Lo lasciò quivi Achille;
e di Filètore il figlio, Demúco gagliardo e valente,
colpí sotto il ginocchio con l’asta; cosí lo rattenne;
poi lo colpí con la spada sua grande, e gli tolse la vita.
Poscia i due figli di Bia, Laògore e Dàrdano spense,
460ché con un lancio entrambi li fece balzare dal carro,
l’uno di lancia, l’altro ferito dappresso di spada.
Tròo, d’Alestòride figlio, gli aveva abbracciati i ginocchi,
se mai lo risparmiasse, prigion lo facesse, e poi vivo
lo rimandasse, avendo pietà che sí giovine egli era.
465Stolto! Né pur sapeva che mai non l’avrebbe convinto,
perché dolce di cuore non era, quell’uomo, né mite,
bensí pieno di furia. Cosí, gli stringeva i ginocchi,
per supplicarlo. La spada nel fegato Achille gl’immerse: