Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/266

Da Wikisource.
409-438 CANTO XXIII 263

Aíta, ch’è pur femmina. O cari, perché cosí tardi?
410Io questa cosa vi dico, che certo vedrete compiuta:
Nèstore, il re Nelíde, di voi non avrà cura alcuna,
anzi, v’ucciderà col lucido ferro all’istante,
se avremo solo un premio da poco per vostra negghienza.
Dunque, incalzate, quanto piú correr potete, correte.
415Io qualche accorgimento, nel punto ove angusta è la strada,
trovare ben saprò: non sarà che il momento mi sfugga».
     Cosí diceva. E quelli, temendo la voce del sire,
per poco il corso precipitarono. E Antíloco, a un tratto
vide avvallare la via, vide schiudersi angusto il passsaggio.
420V'era una frana, dove la pioggia invernale raccolta
avea rotta la strada, scavando una fossa profonda.
Qui Menelao si diresse, schivare credendo il concorso
degli altri carri. Ma, poco traendo i cavalli di fianco,
fuor dalla strada, dietro gli corse di Nèstore il figlio.
425Teme’ l’Atríde allora, lanciò questo grido al rivale:
«Antíloco, da pazzo tu guidi: rattieni i cavalli.
Angusta è questa strada! Al largo potrai sorpassarmi:
vedi, che m’urti col carro, procacci il malanno d’entrambi».
     Cosí disse. E ancor piú col pungolo Antíloco al corso
430spingeva i suoi cavalli: pareva che pur non udisse.
Quanto è d’un disco il tratto lanciato da valido braccio,
quando lo scaglia un uomo che prova le giovani forze:
tanto si corsero indietro l’un l’altro; ma infin, dell’Atríde
stettero le giumente, ch’ei stesso rattenne le briglie,
435ché non venissero al cozzo, giungendo alla stretta, i cavalli,
non ribaltassero i carri, piombar non dovessero a terra,
mentre la gloria andavan cercando, essi stessi gli aurighi.
Però questa rampogna scagliò Menelao chioma bionda: