Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/270

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529-558 CANTO XXIII 267

dietro era a Menelao quanta è la gittata d’un’asta:
530ch’erano i suoi cavalli dal fulgido crine i piú tardi,
e men sapea d’ogni altro guidare corsieri alla gara.
Ultimo giunse poi di tutti, il figliuolo d’Admeto,
che trascinava il bel carro, spingeva a sé innanzi i corsieri.
Lo vide Achille piedeveloce, e a pietà fu commosso,
535e, tra gli Argivi surto, parlò queste alate parole:
«Ultimo il piú valente sospinge i veloci cavalli.
Su, diamo un premio a lui, ché certo n’è degno: il secondo:
a Dïomede il primo rimanga, al figliuol di Tidèo».
     Cosí parlava; e a quanto diceva, diêr tutti consenso;
540e, consentendo, gli Achei già stavan per dargli il corsiere,
se in pie’ surto non fosse di Nèstore il fulgido figlio,
che col Pelíde Achille discusse, invocando il suo dritto.
«Assai mi cruccerò, Pelíde, se poni ad effetto
quello che dici: ché tu t’accingi a levarmi il mio premio,
545perché disgrazia offese il carro e i veloci cavalli
al valoroso Eumèlo. Pregare doveva i Celesti,
e non sarebbe allora per ultimo giunto alla gara.
Ma pur, se n’hai pietà, se tanto al tuo cuore è diletto,
nella tua tenda, d’oro c’è pure abbondanza e di rame,
550greggi e cavalli sono di solido zoccolo, e schiave:
di qui prescegli, e un premio poi dagli, e sia pure maggiore,
o súbito, se credi, se vuoi che ti lodin gli Achivi;
ma la giumenta io non cedo: con me si misuri per essa
chiunque meco voglia venire alla prova del braccio».
     555Cosí diceva. E Achille dai piedi veloci sorrise,
e si compiacque di lui, che gli era fedele compagno,
e a lui rispose, queste veloci parole gli disse:
«Antíloco, se vuoi che io dalla tenda ad Eumèlo