Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/171

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Ed io, col cuore che palpitava come il suo:

— Nulla.... L’altro dì te lo dissi pure che sarei partito a giorni.

— Io credevo scherzasse.... Non mi promise....?

L’interruppi:

— Fu una promessa della tua fantasia. Eccoti un consiglio: non affidarti mai alla fantasia contro le imposizioni della realtà.

Questo le dissi, io, che avevo tentato invano di romper l’incanto!

Ma essa si strinse nervosamente le mani, a capo chino; poi mi guardò in quel modo.... Non m’ingannavo! Mi sembrò di vacillare; non potei non mitigare la voce, non dire:

— In realtà.... tu sei buona.

— Buona? — Sorrideva così triste!; un sorriso di amore dolente.

— Sì, buona! — proseguii fingendo di non capire e cercando pretesto a inasprirmi di nuovo. — Il mondo invece è cattivo! Che dolore sarebbe per me, un giorno, se dovessi apprendere che tu ti sei mutata all’esperienza del mondo!

A sua volta, quasi suo malgrado, ribattè fiera, aspra:

— Lei ha poca fiducia in me; ed io ne ho tanta in lei!

— Che sai di me, tu? — esclamai senza più chiaramente avvertire quel che mi dicessi. — Ricordati che ogni infamia è possibile: anche quelli che stimiamo di più ci possono mancare!

Il mio pensiero, trasportato dalle mie stesse parole, corse a Roveni. Ma indietreggiai; contenni l’impeto della gelosia a cui stavo per abbandonarmi.

— No: esagero. Non tutti quelli che stimiamo