Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/197

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gurarmi il buon giorno, e il sorriso in cui m’appariva tutta la sua persona placava la cura che mi rodeva. Non più quel sorriso! Mai più! Patire, frattanto, il castigo quasi d’un delitto; dubitare che fosse insania non l’amore ma l’azione generosa che mi era imposta da un destino crudele.... Ortensia! Ortensia! Era una crudeltà.... Non poter chiamarla a voce alta per quelle ultime ore; non poter invocarla a sostenere con la suapresenza quell’agonia....

Dalla terrazza udii affrettare passi alla mia volta. A distrarre la mia pena veniva invece il cavalier Fulgosi con un fascio di giornali, che sollevava e agitava come un trofeo.

— Dottore! Hurrà!

La Campana e Il Corriere della Valle, allora giunti, riferivano che alla festa del 20 settembre in Valdigorgo era stato presente anche un illustre scienziato; perciò il cavaliere veniva a portarmeli così per tempo, e a portarne copie alle signorine. Ma perchè io partivo l’indomani? Avrei potuto, dovuto attendere a partir con lui e con la sua signora appena Pieruccio sarebbe ritornato da Varezze, ove era guarito....

(Pieruccio era guarito!...)

— Si guarisce presto dell’amore a diciassette anni! E le medicine della giovinezza sono dolci. Ma alla mia età — sospirò Fulgosi traendo di tasca lo specchietto — è amaro non poter ammalarsi così! A me non resta che trovar dolci le amarezze della politica. Eppoi...: tout passe, tout casse, tout lasse!

Per non apparir gioioso, qual era, della réclame che s’era fatta egli stesso nei giornali, si mutava a quell’aria di melanconia.

Albertazzi. In faccia al destino. 13