Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/211

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          Cose quaggiù sì belle
          Altre il mondo non ha; non han le stelle!


....Un tempo io avevo studiato il terrore della morte in animaletti: in un sorcio; in una cavia. Ferii un giorno una passera, che precipitò senza un grido dall’albero e quando fui per raccoglierla, sollevò le palpebre invocando pietà e aperse il becco come per l’ultima inspirazione di vita. Mi pareva vederla....

Meglio saltar dal letto; vestirmi; spalancar le vetrate e mettermi alla finestra, al fresco. O no; meglio rivoltarsi e guardare con gli occhi chiusi alle tenebre vorticose; meglio il buio che le stelle! Aspettare. Suonerebbe pure quel maledetto orologio, che non aveva battuta dei quarti d’ora; e i quarti dell’orologio di Paviglio erano così deboli che non mi giungevano.

Proprio una maledizione! Quando stavo per assopirmi transitò un’altra biroccia.... Finchè, volta di qua e toma dall’altro lato....: tànn!

Ah finalmente suonarono quelle maledette due ore!...

Ma che mi veniva in mente adesso? quanta demenza travolgeva la mia povera testa? Che fatica persistere al desiderio d’alzarmi; d’uscire piano piano; e andar sotto quella finestra! Forse era socchiusa. Temeva addormentarsi....; voleva essere alzata alla mia partenza.... Come Pieruccio! Scendere e mettermi sotto la finestra di lei.... Ma Pieruccio era guarito dalla sua passione!

Io partivo com’egli era partito. Non guarirei? Avrei almeno il conforto d’aver compiuta una buona azione.... E dopo? Non vederla mai più, se