Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/33

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Rivoluto fuggire accusandomi quale un amico indegno; neppur mi commoveva la gioia di Claudio!

Egli fece portare due bottiglie nel salotto, per gli amici; e mi attendeva con Fulgosi e Learchi. Dovetti entrare.

Lupus in fabula! — esclamò il cavaliere. — E Claudio: — Sentite questa! Quando eravamo all’Università a Bologna, io agli ultimi anni e Sivori ai primi, facevamo qualche scappata a caccia nelle risaie di Molinella. Ci accompagnava un omicciattolo, un falegname soprannominato il Biondo.... Ah! il Biondo! ma par di vederlo! Aveva uno schioppo che pareva un catenaccio; mirava chiudendo gli occhi, e non sbagliava un colpo. È vero?

Accennai di sì col capo; non celando la poca voglia di riudire aneddoti della mia biografia.

Ma Claudio proseguì:

— Dunque mentre io e il Biondo stavamo alla posta delle anitre, e non pensavamo che alle anitre, quel bel matto lì (e accennava a me) era spesso colla testa nelle nuvole e metteva giù lo schioppo per guardare al libro che portava in tasca. Una bella maniera d’andare a caccia! Non si sarebbe accorto d’un rinoceronte quando leggeva. Ma un giorno che ritornavamo in barca — era d’autunno inoltrato — io gli prendo il libro e glielo scaravento in mezzo all’acqua. Cosa fa lui? Spicca un volo e gli va dietro alla pesca.

— Non fu così — interruppi fiaccamente.

— Così! Proprio così! Il Biondo è ancor vivo e sano, e sebbene sia il tuo fittavolo, adesso, è un galantuomo capace di testimoniare la verità.... Bene! noi sudammo a pescar lui, l’amico; lo ti-