Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/63

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frattanto che snoda la cravatta e respira a pieni polmoni, con piena gioia, cartocci e carte; esprime dal volto onesto il sollievo della fatica; la consolazione come d’un premio meritato; la forza e la bontà. — Ah! ora sto meglio! Andiamo a sedere.

Tutti c’incamminiamo lasciando parlare lui solo; il quale si guarda felice intorno e par che non creda d’essere salvo dall’afa e dalla carcere e dalle faccende cittadine.

— Valdigorgo! Questo è il paradiso! Una delle più belle opere di Domineddio! Che cielo! Che aria! Che fresco!

Poi a vedere le figliole che corrono per il bicchiere di acqua, già prima d’esserne richieste, si ricorda che ha sete e urla:

— Marcella! Ortensia! un bicchier d’acqua! Ho sete!

— La fabbrica? — domanda Eugenia.

— A meraviglia! Siamo al terzo piano; e tra un mese....; insomma, un buon affare. Eugenia; sta sicura!

E arriva l’una o l’altra delle figlie col bicchiere annebbiato.

— Oh che acqua! l’acqua di Valdigorgo! Non vantarla sui giornali, amico (egli mi prega): se no, ce la portan via, o vengono a bercela!...

Segue una pausa, perchè le ragazze e Mino possan chiedere:

— La lana, babbo?

— La trottola?

— La lana?! la trottola?! Oh credete che non abbia per la testa, laggiù, che i vostri capricci? La fabbrica, i capomastri, gli artieri, le seccature; corri in provincia, in comune, allo stu-