Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/85

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— Dovremmo rivolgerci al cavaliere. Francamente, tra i due, preferiamo ancora lei!

Io tacevo con un sorriso incerto.

— Non capite che Sivori non ne ha voglia? — esclamò Ortensia dopo avermi fissato a lungo, in silenzio.

— Si annoierà più a restare in casa — ribattevan le altre.

— No, no! Si vede! È inutile: non-ne-ha-voglia!

Pronunciando in cadenza l’ultima affermazione Ortensia manifestava malcontento e nello stesso tempo minaccia di abbandonarmi alla mia svogliatezza.

Io le dissi:

— A quel che pare, tu sei disposta a andar senza di me. Mi vuoi o non mi vuoi?

Rispose forte e soltanto:

— Sì!

— E io ci verrò!

Il dì dopo andammo dunque noi sette — io, i tre giovani e le tre ragazze — a far colazione alle Grotte.

Se durante quella gita io avessi potuto o saputo conoscere a dentro l’animo d’alcuni della compagnia; se avessi potuto scorgere i motivi reconditi di atti in apparenza quasi involontari e di parole in apparenza leggere; se quel giorno avessi pensato un po’ meno a me stesso, quanto dolore sarebbe stato evitato?

Per andare da villa Moser alle Grotte si teneva prima il sentiero che guidava al piccolo oratorio del Crocifisso; ivi si passava per il ponte di legno e si prendeva la strada, la quale or costeggia la destra del fiume, ora se ne allontana; ora aperta, ora chiusa in lembi di bosco o solo