Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/47

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passò nel suo salottino da lavoro, un gioiello di buon gusto, di eleganza artistica. Vi era appena entrata, che la cameriera comparve annunciando la giovane guantaia.

— Avanti, — disse Adriana con voce alta e ferma, sebbene il cuore le battesse da spezzarsi. Maria entrò tenendo fra le mani alcune eleganti scatole. La premura con cui era accorsa all’invito della contessina, le aveva infiammato il viso, dando maggior risalto ai suoi occhi ammirabili, al suo sorriso affascinante.

Adriana provò come un capogiro alla vista di quella splendida beltà, ma si rimise subito e disse con dolcezza:

— Mi avete portato qualche cosa di nuovo, di bello?

— Ho scelto i migliori campioni del negozio — rispose Maria, deponendo le scatole sul tavolino, dove stava appoggiata Adriana ed aprendolo. Ne sprigionò un profumo delicato di violetta ed alla vista apparvero guanti di ogni lunghezza e colore, tenuti insieme da fili invisibili di seta.

La contessina parve per un istante tutta assorta nell’esaminarli.

— Sì, mi piacciono — mormorava — però mi sembrano un po’ grandi per la mia mano.

E mostrava la sua manina candida, affusolata, dalle unghie rosee e lucenti.

— Ne abbiamo dei più piccoli, della stessa qualità — disse Maria — e se la signorina si compiacesse dirmi il suo numero...

— Cinque e mezzo.