Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/53

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Il furfante fece un gesto di dolore. E gravemente, con una tristezza infinita:

— Io? — esclamò — E mi crederesti capace di un’azione così vile?

— Perdono, perdono — proruppe Maria come fuori di sè, gettandogli con impeto le braccia al collo — è stata quella contessina che me l’ha detto e mi fece tanto male.

E mentre il giovane la traeva dolcemente sul divano, raccontò quanto le era avvenuto, piangendo a calde lacrime.

Diego le prese le manine e lo baciò.

— Suvvia asciuga quei begli occhi — disse con una voce dolce coma una carezza — tu hai avuto ragione di dubitare di me; ma io perdono i tuoi ingiusti sospetti.

— Quanto sei buono, come ti amo!

Egli sorrise, la strinse al suo petto: la pace era fatta.

Passò un’ora che per Maria parve un lampo. Sul punto di dividersi, Diego le disse ad un tratto:

— A proposito... mi dimenticavo una cosa. Ella sollevò gli occhi su lui, timidamente, interrogandolo con lo sguardo.

— Per qualche settimana non potremo vederci, Maria trasalì, divenne pallida, inquieta.

— Perchè? — chiese a stento.

— Devo intraprendere un viaggio di alcuni giorni.

Tutta la gioia provata poco prima dalla guantaia, disparve.

— Tu parti? Per dove?