Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/71

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sopra una rustica panchetta, seminascosta da un cespuglio di rose. Respirava più liberamente, i suoi pensieri avevano subito una trasformazione: erano meno amari, eccitanti, dolorosi. La calma di quella notte serena, passava nella sua anima.

Ad un tratto sentì stridere la ghiaia del giardino: sembrava che qualcuno si avanzasse con precauzione.

Sebbene la giovine donna non conoscesse la paura, di un balzo fu in piedi. Era forse suo marito che tornava? Ma non aveva sentito lo strepito del calesse, lo scrocchiare della frusta.

Stette in attese, pronta a nascondersi se qualcuno si fosse avvicinato. Non tardò a vedere un’ombra scivolare in mezzo alle piante e quando fu a pochi passi da lei, poco mancò che Adriana non gettasse un grido. Era una donna.

— Che venite a cercar qui? — chiese mostrandosi.

L’altra invece di rispondere, esclamò con una specie di trasporto...

— Voi... voi signora! Ah! come ringrazio Dio, che mi permette di parlarvi, prima di punire quel miserabile.

Ai primo suono di quella voce, Adriana trasalì, poi avendo potuto osservar meglio i lineamenti della donna che le parlava, indietreggiò con disgusto ed orrore...

— Maria la guantaia!

— Sì, Maria, una povera vittima come voi signora, di un uomo senza cuore, senza coscienza...

— Che intendete dire? Forse il vostro amante vi ha abbandonata e venite a lamentarvene con me?