Pagina:Ioannes Baptista a Vico - Opera latina tomus I - Mediolani, 1835.djvu/139

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de antiquissima italorum sapientia 109

perchè hè quivi noi scorgiamo supporsi più cose, le quali sembrano esser bisognose di prova. Quello poi che esso chiama primo dubbio, non è che una sposizione, o anzi parte della ragione medesima: desiderando noi spezialmente di veder provato che nell’antico linguaggio latino un medesimo fusse il senso di quelle dizioni, factum e verum, caussa e negocium, ec. Torneremo a dire pertanto, che meritevolmente ci è paruto quel libricciuolo anzi un’idea di Metafisica, che una Metafisica intiera e perfetta. E per più chiaramente provare una sì fatta proposizione, v'aggiugneremo le seguenti ragioni. 1.° Perchè noi v’osserviamo cose non poche troppo brevemente accennate, le quali e’ converria trattare alquanto più diffusamente. 2.° Perchè vi sono cose alquanto oscure, che vorrebbon più chiaramente esporsi. 3.° Perchè sembra esservi cose puramente proposte, che per altro essendo o mal note a’ suoi leggitori, o disputate in tra’ Filosofi, sembran richiedere qualche sorta di pruova. 4.° (Il che però noi protestiamo non essere una ragione distinta da quella che s'è addotta in terzo luogo, ma una come appendice della medesima), perchè non a tutti è noto che gli accennati latini vocaboli, principal e unico fondamento della Metalfisica del sig. di Vico, abbiano quel significato che loro attribuisce.

I. E primieramente noi affermiamo in quel libricciuolo moltissime cose brevissimamente accennarsi, le quali saria d’uopo che più diffusamente si maneggiassero; il che il medesimo Autore non ci niega, mentre approva per vero ciò che da noi fu detto per solo motivo di dare lode a lui1 che egli vi pose affoltate, non che in ogni pagina, quasichè in ogni linea speculazioni innumerabili. Molto più lui stesso alterando nella sua Risposta (pag. 102), d’avere scritto la sua Metafisica, non in grazia della gioventù, in sì fatti studj ancor novella, ma per comparire in fra le persone già ammaestrate ne’ medesimi, le quali non voglionsi gravare con grossi volumi; e però basta loro un picciol trattatello, sol ripieno di quelle poche cose che altrove non si ritrovano. E noi ancora siamo del medesimo parere, che scrivendosi ad nomini dotti, non fia giusto l’obbligarli a spendere tanto di tempo nella lettura oziosa e nojosissima di certi libracci che vanno uscendo alla giornata, carichi sol di cose più e più volte da altri già ricantate, poco e nulla giungendovi del suo. Ma dall'altro canto noi giudichiamo, che quando uno in qualche scienza scrive con nuovi principj e nuovo metodo cose la maggior parte non più udite, come il sig. di Vico professa di scrivere, egli è in obbligo di trattarle alquanto stesamente; acciocchè siccome alletta i leggitori colla novità, così col troppo affoltare le cose non li confonda; spezialmente, per consiglio di Quintiliano2, essendo talora più

  1. Pag. 93
  2. Lib. IV Instit. Orat. cap. 3.