Pagina:Isocrate - De' doveri del sovrano.djvu/21

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attestino la tua virtù, piuttostochè i simulacri che ritraggano il tuo corpo 1.

Procura tutt’uomo di conservare la indipendenza tua e della nazione che reggi. Che se mai fossi ridotto alla estremità di perderla, preferisci generosamente morire per difendere l’onesto, al sopravvivere con vergogna.

In ogni tua azione ricordati che sei Rè affinchè tu non possa mai concepire una idea indegna di sì sublime dignità.

Non accettare la stolta credenza di taluni che col tuo corpo tutto insieme perisca, perchè se questo è mortale, rimane l’anima che non muore. Da quì adunque prendi cagione di consegnare alla prosperità memorie non periture dell’anima tua.

Abituati a parlare concettoso riandando le azioni più nobili per porre così d’accordo la sapienza della mente con le parole. Riduci poi ad azione quanto meditando ti si appaleserà ottimo, ed imita le gesta di coloro, la di cui gloria ammiri; e non t’incresca fare quanto tu comanderesti ai tuoi figliuoli.

Usa de’ nostri precetti, o cercane de’ più acconci, giudicando sapiente non chi con forbito stile tratta di cose frivole e senza interesse, nè chi promette agli altri abbondanza mentre egli versa nella miseria, ma coloro che senza millanteria pur valgono conchiudere affari sagacemente, e che in mezzo agli altri trovansi sempre collocati opportunamente al loro posto, nè si commuovono nelle vicende della vita, ma con disinvoltura e moderazione sanno usare la buona e contraria fortuna.

Ora non ti meravigliare avere io discorse molte cose che tu per te stesso conosci; ma sapeva abbastanza che essendo si vasta la massa de’ privati e de’ principi, altri avevano riferito un che di simile o per racconto altrui, o perchè testimonii o attori. Ne’ libri però che trattano de’ doveri non e’ a ricercarsi la novità, poichè non è facile rinvenire alcun che di meraviglioso o superiore alla ordinaria credibilità, o per lo innanzi non avvertito; ma è a tenersi pieno di dottrina quel trattato che me-

  1. Eorum ego vitam, mortemque juxta existimo, quorum de utraque siletur (Sallustio in bello Jugurtino)