Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/36

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introduzione 33

dei popoli, e discendente dalla Legge Morale p. e. nel fr. 14. Dig. De condictione indebiti. XII, 6. ed in questo significato i principj del Diritto delle Genti, cioè adottati da tutti i popoli di quell’epoca, potevano diversificare da quel Diritto Naturale e perfino contradire al medesimo.

§. 36. Il Diritto Romano, considerato quanto alle sue fonti, si distingue in Diritto Scritto e Non Scritto.

a) Diritto Scritto, proveniente cioè: da 1. Leggi. — 2. Plebisciti. — 3. Senatusconsulti. — 4. Costituzioni dei Principi — 5. Editti dei Magistrati. — 6. Responsi dei Prudenti.

b) Diritto non Scritto, cioè quello che chiamano Consuetudinario, e del quale la Consuetudine e l’uso sono la manifestazione.

Secondo alcuni la distinzione fra Gius Scritto e Non Scritto non va intesa nel senso grammaticale delle espressioni, cioè non è la Scrittura o la mancanza di Scrittura sulla quale quella distinzione riposa. Diritto Scritto, secondo essi, vuol dire Diritto promulgato, stabilito per volontà espressa del Legislatore, Diritto non Scritto, Diritto introdottosi per consuetudine o per tacito assenso del Legislatore medesimo.

Il Savigny ritiene invece, ed a ragione, che questa distinzione di fronte al Diritto Romano vada intesa nel senso grammaticale, sebbene sia vero che l’altra intelligenza, che a questa distinzione danno specialmente i Moderni Scrittori di Diritto Romano, sia in astratto più logica.

§. 37. Le sorgenti di Diritto ora enumerate, e che dalle Istituzioni di Giustiniano sono definite negli ultimi paragrafi del Tit. II. Lib. II, non coesistono tutte insieme. Lo vedremo nella Istoria Esterna del Diritto Romano, di cui dando un rapido cenno, parleremo di ognuna di quelle fonti in particolare.