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Pagina:Istorie dello Stato di Urbino.djvu/158

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Libro Secondo. 119

l’opra, la quale in breve ridotta a fine, riempissi d’habitanti in modo, che non essendo quel sito bastevole sino alla Flaminia, anche la falda colmossi, che sta dirimpetto all’Ostro, & tuttavia il concorso de’ popoli aumentandosi, ponendo quella strada in mezo; sino alle ripe del fiume crebbero le case: Ne più oltre dilattarsi potendo, da’ medesimi sopra crebbero grand’Archi fondato, l’Anno 1292. alzossi un Ponte di finissima pietra, con Architettira meravigliosa composto, per cui le due ripe delle botteghe, le case, e de i lor Magosteri accommodarvi gli ordegni. Et essendosi ampliata di popolo, di mercanti, & di nobili; come parimente di Rocche, & di forti mura; da cui, co’l fiume, e con i colli, che la circondano, inespugnabil si rende; & insieme di aure fabriche illustrata, specialmente di Monasterij, & di Tempij, ritornò quasi nel primiero stato, & in concetto al Mondo di Cittade famosa: Onde il di lei possesso da molti si pretendeva; però che quantunque da Pipino Re di Francia, da Carlo Magno Imperatore, da Lodovico Pio, e più innanzi dal buon’Ottone fosse (oltre il dono di Costantino) alla Chiesa nuovamente donata, assai tiranni sfacciatamente tentarono impadronirsene: finalmente dalli Sommi Pontefici, l’Anno 1215. concessa in feudo ad Azzo Estense, & à gli suoi posteri, dopò varij successi il 1374. in mano capitò de’ Malatesti, da’ quali molti Anni signoreggiata essendo, fù di bellissime strutture adorna, di Rocche, & di propugnacoli munita: per lo che da molti Prencipi venne habitata per la sua bellezza, e salubrità dell’aria, non tanto da i Malatesti (finche la governarono) quanto da gli Feltreschi, & da quelli della Rovere; principalmente da Guido Ubaldo primo Feltrio, da Eleonora Gonzaga d’Urbino, il qual per l’affetto isviscerato, che à questa portava era solito sua Cittade, chiamarla. Dubitando Galeazzo Malatesta, ultimo Signore di Fossambrone di non poterlo guardare dall’insidie di Gismondo suo nipote, Signore di Rimino, il quale per la sua innata malitia, non ad altro pensava, che cacciatolo di Stato, per se occuparlo, il vendè l’Anno 1444. à Federico Feltrio prima Conte, poscia Duca d’Urbino, il quale se ben (come il Iustinopolitano nella di lui Vita racconta) ritrovasse durezza nolta ne i Cittadini, che affettionati alla casa Malatesta, più che ogni altro Signore desideravan GIsmondo: tutta fiata, con la forza, e con la prudenza stabilivvi la Signoria; in cui dopò la morte gli suoi heredi successero: fin che ne’ maschi continuò la linea; e quella mancando, passò con lo Stato d’Urbino à casa Rovere, nella persona di Francesco Maria Primo Duca d’Urbino, e ne gli suoi Discendenti, con sommo contento, per sin’all’Anno 1631. nel cui tempo morendo Francesco Maria ultimo Duca si

divolse