Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/491

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gregorio vii 467

cire; vacillar nel favore tanti suoi amici, e declinare la causa alla cui fede mai non era mancato, morì esclamando: — Amai la giustizia, e odiai l’iniquità; perciò finisco in esiglio» (1085).

A quel litigio, dove Voltaire non vide che una questione di cerimoniale, mentre invece implicava la libertà umana, quattro soluzioni poteano darsi.

O annichilar la giurisdizione morale e l’elemento spirituale, surrogandovi la forza sfrenata, come voleano gl’imperatori.

O annichilare l’ordine politico, sublimando il papa come voleva Gregorio VII, ma vi repugnavano le costituzioni nazionali.

O separare affatto i due ordini, isolandoli in modo che lo Stato non sorreggesse la Chiesa, nè questa illuminasse lo Stato; al che si opponevano e i costumi e gl’interessi.

Difatti Pasquale II papa, volendo appianar ad ogni costo le differenze tra il pastorale e la spada, si spinse fino all’estrema concessione; cioè che gli ecclesiastici rinunziassero a tutti i possessi temporali, coi castelli e i vassalli avuti dagli imperatori, purchè gl’imperatori rinunziassero all’immorale diritto delle investiture. Nel suo desiderio di pace non s’accorgeva ch’era impossibile spogliar i signori ecclesiastici, tanto potenti, nè togliere ai nobili laici l’aspettativa di tanti benefizj. In fatti sorse un’opposizione universale, e s’incalorì la guerra, dove la città di Roma per lo più osteggiava il papa sinchè non l’avesse cacciato; cacciatolo, tornava a volerlo.

Non restava se non che il capo politico smettesse la nomina diretta dei vescovi e degli abati, vigilando però sulle elezioni; e investendoli delle temporalità, in modo che fossero preti insieme e vassalli, come il tempo portava.

Tal fu la transazione Calistina (23 settembre 1122), ove l’imperatore rinunziava ad investire i prelati coll’anello e col pastorale, lasciando libera l’elezione alle chiese; mentre Calisto II assentiva all’imperatore che le elezioni de’ vescovi e abati del regno tedesco si facessero coll’assenso imperiale, purchè senza simonia o violenza; l’eletto, prima d’essere consacrato, bacerebbe lo scettro col quale eragli conferita dall’imperatore l’investitura per tutti i beni e le regalìe. In Italia e nelle altre parti dell’Impero, l’eletto, fra sei mesi dopo consacrato, riceverebbe l’investitura.

È la prima di quelle transazioni fra il potere spirituale e il temporale, che si chiamano Concordati; e il Concilio lateranese (1123),