Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/527

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scipione ricci 503

d’Enrico VIII, «il che però non fu chiaramente detto»; che s’attentò fin alla vita di lui vescovo: insinuazioni solite de’ partiti, e che l’onest’uomo disdegna, ma che davano pretesto di ricorrere alla protezione sovrana, e d’ottenere guardie e castighi. Essendosi poi sparso che il vescovo volesse togliere dalla cattedrale di Prato l’altare ove si presta particolare venerazione alla cintola della Beata Vergine, que’ plebani tumultuarono, e il 20 maggio dell’87 invasero la chiesa cantando e sonando nei modi che il Ricci proibiva; arsero il trono e gli stemmi di questo, e i libri portanti novità; riposero in venerazione le reliquie ch’erano state sepolte, e seppellirono invece le pastorali del Ricci; e in onta di lui si diedero a fare processioni e litanie e venerare le immagini.

La popolaglia non si ferma a mezzo nelle sue dimostrazioni; la fiera sollevazione usò sgarbi a chi più si era appassionato nelle novita, e son curiose le lettere ove essi ragguagliano il vescovo degl’insulti che ricevettero. Il granduca, professando «di non aver la minima paura, e che il Governo volea procedere col massimo rigore», represse i riottosi, e ventotto volle puniti in pubblico colla frusta ventuno condannati alla reclusione e sette alla milizia, egli abolitore del patibolo; ed esprimendo che s’astenea di far di peggio per condiscendere al Ricci.

Questi era rimasto immune, ma non convertito; nè il fu dalla bolla dogmatica Auctorem fidei del 28 agosto 1794, ove Pio VI condannava ottantacinque proposizioni di quel sinodo, di cui sette qualificava eretiche. Tali erano: essersi offuscate le dottrine e la fede di Cristo; la podestà esser data alla Chiesa, e dalla Chiesa riceverla i ministri; esser abusi il fôro esterno e il potere giudiziale coattivo della Chiesa; il vescovo ricevere da Dio tutti i diritti occorrenti a reggere la diocesi, a giudicarvi, a riformarne le consuetudini e le esenzioni, nè questi diritti potersi alterare o impedire: le riforme eseguirsi in sinodo dal vescovo e dai parroci con voto deliberativo; essere stato costume de’ secoli migliori che i decreti e le definizioni anche de’ Concilj non fossero accettate se non coll’approvazione del sinodo diocesano.

Altre proposizioni si notavano come erronee, sovversive della gerarchia ecclesiastica, o false, temerarie, capricciose, ingiuriose alla Chiesa e alla sua autorità, conducenti al disprezzo dei sacramenti e delle pratiche sante, offensive alla pietà de’ fedeli: e a ciascuna pro-