Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/632

Da Wikisource.
608 illustri italiani

mente Caterina e «Francesco, in cui, siccome in umil cera, con sigillo d’amor sì vivo impresse Gesù l’aspre sue piaghe»: manda in regalo un Redentore, e altra volta:

               L’immagin di Colui v’invio, che offerse
                    Al ferro in croce il petto, onde in voi piove
                    Dell’acqua sacra sua sì largo rivo.
               Ma sol perchè, signor, quaggiuso altrove
                    Più dotto libro mai non vi s’aperse
                    Per lassù farvi in sempiterno vivo.

Il Boverio, annalista de’ Cappuccini, ci racconta come a Ferrara la Colonna tolse a proteggere i Gesuiti, introdotti di fresco, e assistette anche di denaro i Cappuccini, a favor de’ quali (egli racconta) s’adoprò acciocchè potesse raccogliersi il loro capitolo generale del 1535, sollecitatavi da frà Bernardino Ochino, che poi apostatò; a tal uopo essere ella andata anche al papa, ed espugnatone l’ordine di adunarlo. Noi potremmo opporre che ad essa è dedicata la Nice di Luca Contile, opera tutt’altro che casta, sebben l’autore servisse da secretario al cardinal di Trento.

Ritirata, come dicemmo, nel convento di Santa Caterina a Viterbo, la Colonna v’avea frequenti colloquj col cardinale Polo ivi residente, col Priuli, col Carnesecchi ed altri amici di lui, studiosi della Scrittura. Fra questi va distinto Marcantonio Flaminio veronese, buon medico ed elegante latinista, che ridusse i salmi in odi latine, messe all’indice da Paolo IV: e stampò In psalmis brevis expositio (Aldo, 1545) dedicata a Paolo III, dicendo essere stato indotto a farla dal vescovo Giberti, e a pubblicarla dal cardinale Polo. Nel 1535 scriveva a Pietro Pamfili d’aver detto addio ad ogni studio, eccetto quello delle divine cose, e che proponeasi dedicare il resto di sua vita a meditare la fede cristiana. Girolamo Muzio, annusatore di eresie, l’appuntò perchè, interpretando un verso del salmo 45, dice che «dobbiam cessare da tutte le opere nostre, e la vera giustizia per nostra fatica non si può acquistare»; e altrove ammonisce «che cautamente leggano gli scritti del Flaminio, anzi che non li leggano quelli che al cristianesimo appartengono, perciocchè maggior danno potranno conseguire dalle sue sentenze che diletto dalle sue parole»1.

  1. Gl’intendimenti del Flaminio appajono da questa lettera alla signora Teodorina Sauli: