Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/164

Da Wikisource.
154 illustri italiani

siate persi lunghi anni fidato di me; sento insomma, ch’io non potrò sacrificare nè a voi, nè a persona, nè a cosa del mondo veruna i miei principj, perchè io li considero come dote divina dell’anima mia, e come mia sola e sicura proprietà sulla terra. Certo è adunque, che non vi verrò più vicino; e perchè altri non abbia nuovi mezzi da turbare con lo spionaggio la vostra pace, tenete per promessa inviolabile ch’io non parlerò più di voi, nè de’ vostri versi, e che non mi giustificherò mai per qualunque cosa che altri vi facesse mai credere, o che il vostro sdegno vi facesse uscire di bocca contro di me. Solo (poichè l’umana fortuna è variabile) io tornerò a parlare di voi se mai dovessi tornare a difendervi dalla ingiusta persecuzione, o dalla calunnia. Voi sapete che, mentre i partigiani di Gianni e di Salfi vi perseguitavano a morte; mentre quel solo partito poteva dare impiego a me che era giovinetto, poverissimo ed esule; mentre il Corpo legislativo e gli uomini buoni sedotti, come fu il Butturini, fulminavano una legge contro di voi, io bene o male vi difesi pubblicamente; e se ve ne ricordate, io appunto in que’ giorni correva pericolo di essere carcerato con Custodi e con Gioja, e scrissi e stampai ramingando di casa in casa per fuggire gli uomini d’arme. Inoltre la città può ricordarsi ch’io, quattro a cinque anni dopo, promisi e diedi nel caffè de’ Servi uno schiaffo a quell’uomo che non obbedì alla mia intimazione di non denigrarvi: che s’egli, venuto poi coll’armi sul campo, non osò affrontarsi con me, benchè ei fosse giovane e forte, non è men vero ch’io difendo gli amici con mio carico e con pericolo della mia vita. Non però credo avervi pagato, o potervi pagare i benefici e i consigli, coi quali m’avete aiutato nelle mie sventure e nei falli di mia gioventù. E quante volte voi pure non m’avete difeso dall’altrui fiele? Ma tolga il Cielo che voi vi ricordiate di me; e poichè mi sono deliberato di non ravvicinarmi più a voi, se non ne’ vostri veri e gravi pericoli, io desidero che voi viviate sempre glorioso e tranquillo, anche a patto ch’io sia tenuto da voi, dal mondo e da’ vostri amici per uomo ingrato ed implacabile.

Solo vi scongiuro e vi esorto in nome dell’antica amicizia, di non affratellarvi a que’ tanti che non possono amarvi; e senza ch’io vi nomini alcuno, serbate questa regola. Tutti coloro che avete giustamente infamati e che cercarono d’infamarvi, si valsero del vostro perdono perchè non potevano più nuocervi. E solo un vile può pacificarsi con chi l’ha denigrato; nè i vili mantengono i patti, nè i vili si divezzano mai dalla vendetta di traditore. Nè i vili si mostrano vostri alleati, se non per onorare sè stessi e per fare che il vostro contegno smentisca le vostre parole; nè i vili, lodando voi, cercano di vituperare me e di farvi nemico mio, se non per vendicarsi del freddo disprezzo e dello sdegno costante, con cui sapete ch’io gli ho sempre cacciati dalla mia famigliarità. Or sappiate, che nella città si tiene per certo, che voi temete me per la mia filosofia, ed io temo voi per la vostra poesia. Tocca a voi ed a me a lavarci da questa macchia che non meritiamo. Per me credo di aver trovato un facilissimo mezzo: a voi non oso, nè saprei dare altro consiglio, se non questo, rispettate tacitamente la verità.