Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/192

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182 illustri italiani


Pare a lui quel che a ben pochi parrà, che tal lavoro abbia a venire a grand’utile; e si propone di estenderlo a tutti gli altri scrittori; al che non sappiamo se Dio gli abbia dato vita e pazienza.

Tornando all’Istituto Italiano, le contr’osservazioni che ho messe a pie di pagina non tolsero che, con dispaccio 5 giugno 1816 firmato Saurau, si approvasse la proposta di questo Corpo, non volendo si gittasse il tempo in discussioni: esser necessario concertarsi colla Crusca, ma non volersi con ciò metter l’un Corpo in dipendenza dall’altro, sibbene far che procedessero d’accordo nelle massime fondamentali. Il reggente incaricava perciò l’Istituto di presentargli una memoria diretta all’Accademia della Crusca, ove “esponga con nobile franchezza le proprie idee, e faccia invito a quel Corpo di concorrer con esso al lavoro dell’italiano Vocabolario”: il Governo la spedirebbe, e certo tutte le Accademie e i dotti contribuirebbero a preparar materiali.

Quell’invito non dice nulla di nuovo, e il dice con modi stentati e scorretti, e può leggersi nel tomo primo degli Atti dell’Accademia della Crusca. La quale rispose, con lettera, stampata ivi pure del 10 settembre 1816, qualmente da tempo si stesse preparando la quinta impressione del Vocabolario; vedrebbe volentieri quel che l’Istituto preparava: ma non era più in tempo di “convenir con esso e d’assegnare concordemente le massime preliminari, le norme, il metodo da tenersi”, giacchè fin dal maggio 1813 erano state prefisse: onde non potea che comunicargliele come da più anni osservate; mandavagli insieme i libri che di fresco avea stampati, acciocchè “si riconosca il desiderio di contribuire, per quanto da lei si possa, al buon successo dell’onorate fatiche dell’Istituto, cui però non si arroga di farsi scorta nel diffidi cammino”.

Il complimento così spesso rasenta l’ironia, che sono scusabili i nostri se ci videro sgarbatezza e rifiuto. Messo in puntiglio, l’Istituto ripigliò da sè il lavoro, e ne stese le norme1; e al Governo domandava d’esser provveduto di varie opere, pel valore di lire 4000, di ammanuensi che costerebbero 2000 lire l’anno; dell’adattamento di tre sale. Quest’ultimo

  1. Solo perchè lavoro inedito del Monti diamo queste Considerazioni da sottoporsi all’approvazione del Governo, ove egli riepiloga e riduce a statuti quel che spiegò nel discorso riferito nel testo. Al tono adulatorio ci ha pur troppo abituati.
    1° Purgare la lingua, legittimamente arricchirla, e stabilmente fissarla, ecco i tre precipui oggetti della riforma del Vocabolario;
    2° Quest’opera dev’essere necessariamente di tutta la nazione; vuolsi dire di tutte le classi educate e pensanti della nazione. Ria dee nel tempo stesso avere un centro motore, e dirigente gl’immensi lavori che vi abbisognano;
    3° Questo centro nelle attuali circostanze d’Italia non può pretendersi che da Firenze, o da Milano. Firenze ha due vantaggi: l’uno de’ molti manoscritti che possiede, e sola può consultare. L’altro de’ vocaboli d’arti e mestieri meccanici che sono in bocca al suo popolo. Quanto alla lingua nobile parlata, o alla lingua scritta,