Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/262

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252 illustri italiani

il lungo viaggio, ma non ha denari da farlo e da spegnere prima i debiti contratti, nè da viver a Roma tanto che abbia dissipata la ingiusta accusa.

Non sappiamo se il senato milanese gli consentisse la domanda; fatto è che egli dimorò a Faenza, la qual pure era città papale. Ma nel 1566, pontificando Pio V, frate Angelo di Cremona inquisitore andò ad arrestar il Paleario, e lo trasse a Roma e nel carcere di Tordinona. Le accuse riduceansi a quattro: che negasse il purgatorio; che disapprovasse il sepellir nelle chiese, preferendo si facesse fuor delle mura; che ponesse in baja il vivere e le foggie monastiche; che attribuisse la giustificazione alla sola fede, nella misericordia di Dio, il quale perdona pei meriti di Cristo.

Il padre Laderchi, continuatore grossolano della Storia ecclesiastica del Baronio, dà come sua principale incolpazione l’aver pubblicato un libro, dove avea finamente stillato il veleno ereticale: veleno in lui talmente connaturato, che l’avea ripetuto in un’arringa scritta ai padri della senese repubblica; e soggiunge dicesse ai cardinali del Santo Uffizio. — Poichè le vostre eminenze han contro di me tante buone ragioni, non fa mestieri che prendano, o che diano a me più lungo fastidio. Io son fermo di operare secondo vuole san Paolo: Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio da seguire: non avea fatto male, non si trovò frode nelle sue labbra; ingiuriato non rispose, soffrendo non minacciò, ma affidò sè stesso a Colui che giudica giustamente. Procedete dunque nel giudizio, proferite la sentenza contro di Aonio, e date così soddisfazione a’ suoi avversarj e adempimento al vostro incarico».

Dopo lungo carcere fu condannato ad essere strozzato ed arso.

È vero che in morte si pentì? Dai Ricordi spettanti alla Compagnia della Misericordia di san Giovanni decollato de’ Fiorentini di Roma si trasse un’annotazione di quelli che assistettero a’ suoi estremi momenti, e che ne narrano il pentimento, e come «confesso e pentito chiedesse perdono al Signore, alla sua gloriosa madre, e a tutta la corte del cielo, volendo morire da buon cristiano, e credendo tutto quel che crede la santa Romana Chiesa, e così fu morto e bruciato l’8 luglio 1570»1.

  1. Vedi la memoria pubblicata nello Schoelworn, come pure le lettere seguenti del 3 e 5 luglio 1570. Erra dunque il Laderchi facendolo morto il 1 ottobre 1569: era stato arrestato il 1568.