Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/57

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permise di far testamento, per gli abitanti di Tiferno, ove sua madre possedeva e che lo avevano adottato, eresse un tempio; largheggiò cogli Etruschi. Governando la Bitinia, lasciò dapertutto tracce di sua munificenza; mutò in città il villaggio di Calcedonia; riparò Crisopoli (Scutari); a Libania rialzò la tomba d’Annibale: in Nicomedia, guasta da incendio, fece ricostruire il palazzo civico e il tempio d’Iside, ed aprire una piazza, un acquedotto a Sinope, uno a Bitinio, bagni a Tio.

Larghissimo poi fu colla patria, alla quale mandò una statua da collocare nel tempio di Giove, prezioso lavoro greco antico, che rappresentava un vecchio ignudo1. Più singolare è il dono che le fece di pubbliche scuole. Trovandosi nella città di sua nascita (scrive egli stesso a Tacito), visitato da un giovinetto concittadino, gli chiese dove studiasse; — In Milano», rispose quegli. — E perchè non in patria?» soggiunse Plinio al padre che glielo avea guidato. — Perchè (gli fu replicato) qui scuole non abbiamo». Voltosi egli allora ad alcuni cittadini, che là a grand’uopo si trovavano, mostrò la vergogna del non avervi scuole, che procacciassero ai giovinetti il vantaggio di restare in patria sotto agli occhi dei genitori, e come con dispendio poco maggiore si sarebbe qui potuto mantenere maestri. — Io medesimo (soggiungerà), io che pur non ho prole, sono pronto, pel bene di questa nostra repubblica per la quale ho viscere di padre e di figlio, a dare la terza parte di quanto voi a tal uopo fisserete. E anche l’intero darei se non temessi che questa liberalità servisse un giorno di fomento all’altrui ambizione, come accade là dove i maestri son chiamati a pubbliche spese. Per ovviare tal pericolo è mestieri lasciare ai soli padri il diritto di eleggere i professori, e costringerli a fare ottima scelta coll’obbligarli ad assegnare parte dei loro averi; dovendo cavar dalla propria borsa, faranno che la mia non sussidii se non chi sia meritevole. Convenite dunque in un sentimento; pigliate coraggio ed esempio da me; compite questo fatto, di cui non può essere nè il più onesto pei vostri

    che aspetti, ma l’altro raddoppia il fragore, sicchè il filosofo si alza, prende la lucerna e segue il fantasma. Era l’ombra d’uno quivi trucidato, che chiedeva le estreme esequie; fatte le quali, Artemidoro godè tranquillamente la sua casa.
    Voi credevate simile storiella inventata dai frati nell’ignorante medioevo, e potete leggerla in Plinio, ep. VII, 27.

  1. Ep. III, 6.