Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/64

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56 illustri italiani

— Il lettore dapprincipio mostrisi modesto, indulgenti gli uditori. A che con letterarie sofisterie farsi nemico quello, cui veniste a prestar le orecchie benigne? Più o meno meritevole ch’e’ sia, lodate sempre. Il leggente presentirsi con diffidenza rispettosa, qual l’uso impone; abbia disposto un complimento, una scusa: — Stamane fui pregato di arringare in una causa: non vogliate imputarmi a dispregio questa mescolanza degli affari colla poesia, giacchè io soglio preferire gli affari ai piaceri, gli amici a me stesso»1.

L’autore è di sgraziata voce? affidi la recita ad uno schiavo2. Declama egli stesso? è tutt’occhi all’impressione che produce sugli uditori, e tratto tratto fermasi, palesando timore d’averli nojati e lasciandosi pregare di proseguire. Ai passi belli, e ancor più alla fine scoppiano gli applausi, divisi anche questi artatamente in categorie. Nell’una il triviale bene! benissimo! stupendo! nell’altra si battono le mani; nella terza balzasi dal sedile, percotendo del piede la terra; nella quarta si agita la toga; e così via crescendo. Gli uditori appariglieranno il leggitore ai sommi; il poeta non dimenticherà un complimento pel giornalista, e dirà, Unus Plinius est mihi; e Plinio giornalista domani pubblicherà: — Mai non ho sentito meglio l’eccellenza de’ tuoi versi».

A quelle adunanze l’avvocato Regolo leggeva composizioni famigliari; un poema Calpurnio Pisone; elegie Passieno Paolo; poesie leggiere Sentio Augurino; Virginio Romano una commedia; Titinio Capitone le morti d’illustri personaggi, altri altro. Plinio si consola o duole secondo che codeste recite sono popolose o deserte. — Quest’anno abbiam avuto poeti in buon dato. Per tutto aprile quasi non è passato un giorno, in cui taluno non abbia recitato qualche componimento. Qual piacere prendo al vedere oggi coltivato il sapere, e che gl’ingegni della nostra età procurino darsi a conoscere; quantunque a stento gli uditori si raccolgano la maggior parte siano in panciolle nelle piazze, e s’informino di tempo in tempo se chi deve recitare è entrato, o se ha finita la prefazione, o letta la maggior parte del libro; allora finalmente giù giù vengono allo scanno assegnato; nè però vi si trattengono tanto che la lettura si finisca, ma molto prima svignano, chi con finta cagione ed occultamente, e chi alla libera sen-

  1. Ep. VII, 17.
  2. Giovenale, V, 82, 93.