Pagina:Iucunda sane (Roma 1904).djvu/29

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circondato da gran numero di vescovi d’ogni parte e da tutto il clero di Roma. Oh come sgorga dal suo labbro feconda l’esortazione sui doveri del clero! Come si consuma di zelo il suo cuore! Le sue parole sono fulmini che schiantano il perverso; sono flagelli che scuotono l’indolente; sono fiamme di amore divino che soavemente investono il più fervente. Leggete, Venerabili Fratelli, e fate leggere e meditare al vostro clero, specialmente nell’annuo ritiro degli Esercizî spirituali, quella stupenda omelia di Gregorio1.

Con indicibile amarezza egli esclama tra l’altro: Ecco il mondo è pieno di sacerdoti, ma ben raro si trova nelle mani di Dio l’operaio; perocchè assumiamo bensì l’officio sacerdotale, ma l’obbligo dell’officio non adempiamo2. Ed invero, quale forza non avrebbe oggi la Chiesa, se in ogni sacerdote potesse contare l’operaio? Quale larghissimo frutto non produrrebbe nelle anime la vita soprannaturale della Chiesa, se fosse da tutti efficacemente promossa? Gregorio ha saputo strenuamente suscitare ai tempi suoi questo spirito di energica azione, e per la spinta da lui data, ottenne che il medesimo spirito si mantenesse nelle età seguenti. L’intero medio evo reca l’impronta, per dir così, gregoriana; da quel Pontefice infatti riconosceva pressochè ogni cosa: e le regole del governo ecclesiastico, e quelle molteplici della carità e della beneficenza nelle istituzioni sociali,

  1. Hom. in Evang. i, 17.
  2. Ib. n. 3.